Portici – Villa D'Elboeuf, una lenta agonia

Nonostante le nostre incalzanti denunce, continua la lenta agonia di questo importante sito che, come altri monumenti della zona, sta gradualmente togliendo il disturbo cadendo a pezzi sotto il peso dell’indifferenza politica ed amministrativa.  
Una vergogna nella vergogna che genera rabbia tra gli abitanti di Portici e getta nello sconforto chi, da anni, si batte per tutelare le vestigia di una storia antica che si vuol cancellare a tutti i costi, “financo nelle fabbriche”.   

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DALL’ORGOGLIO DEL MIGLIO D’ORO 

ALLA VERGOGNA DEL MIGLIO DELLE MACERIE


A Portici, un tempo Real Sito, sul Miglio d’Oro, Villa d’Elboeuf continua a crollare sprigionando il suo inascoltato “grido di dolore”. Adesso è la volta di un altro solaio e di un muro di cinta, aiutati a franare anche dalle piogge degli ultimi giorni. 
Vi fu un tempo in cui era un regale Palazzo, fatto costruire, a partire dal 1711, dal Principe Emanuele Maurizio di Lorena, Duca d’Elboeuf e Barone di Routot e di Quatremarre, Generale della Cavalleria Austriaca e nipote dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo VI.
L’incarico per il magnifico progetto fu dato all’Architetto Ferdinando Sanfelice, uno dei più importanti rappresentanti dello stile tardo barocco napoletano, amante di illusionistici giochi scenografici e prospettici. L’attribuzione dell’opera al Sanfelice, deriva dalla gran piazza avanti alla dimora e dalle due fiabesche scalinate ad emiciclo, che uniscono il prospetto della villa alla spiaggia.
Costruita la caratteristica loggia, nel giro di pochi mesi, sorse questa favolosa villa, adorna di stucchi, statue (reperti archeologici ercolanesi) e con un ampio bosco arricchito da piante rare. Alcuni dei pavimenti posati nella villa, vennero prelevati dalle case romane degli Scavi di Ercolano, così come tante colonne in marmo e moltissimi bronzi che adornarono le balconate marmoree. Lungo quest’ultime, le statue di Ercolano facevano bella esibizione e, all’interno dell’edificio, vi si trovavano anche una chiesetta, una grande cucina, un refettorio e una scuderia.
Per alimentare le fontane del Palazzo e del parco lussureggiante, venne realizzato un lungo acquedotto che, partendo dagli Appennini dove attingeva al Fiume Clanio, giungeva fino al Granatello. La traccia di questo acquedotto fu delineata dal Rizzi-Zannoni nella sua topografia del 1794 (Carta del Littorale di Napoli e dei luoghi antichi più rimarchevoli di quei contorni) con la denominazione di Acquedotto Reale di Portici.
Nel 1716 la villa fu ceduta dal Principe di Lorena al Duca di Cannalonga Giacinto Falletti. Successivamente, nel 1742, venne acquistata da Casa Reale Borbone allo scopo di includerla nel territorio scelto per la sistemazione delle “Reali Delizie”. Carlo vi fece sistemare dei meravigliosi vivai (detti “Peschiere” o “Tonnare”) denominate le “Regie Peschiere del Granatello”, dove vi si trovavano pesci di sorprendenti specie e di vari colori e forme. 

Durante il “Decennio francese”, sotto Re Gioacchino Murat e per volere di sua moglie Carolina Bonaparte, venne eretto, incastonandolo ai piedi della Villa, l’ormai obliato “Bagno della Regina”. Quel poco che resta di quest’opera d’arte, nell’incuria e l’abbandono, è, tutti dovrebbero saperlo, l’unico esempio esistente al mondo di “architettura balneare stile impero”.
Nell’agosto del 1838, per la realizzazione della prima ferrovia della penisola italiana, iniziarono, in prossimità di Villa d’Elboeuf, i lavori della linea Napoli-Portici, inaugurata da Ferdinando II di Borbone il 3 ottobre 1839. Per la costruzione della Stazione del Granatello, nel tratto appunto tra la villa e la rampa di accesso del porto, venne realizzato il grosso muraglione di contenimento, alto circa 12 metri e lungo 130, con il quale si coprirono le lave dell’eruzione del 1631. 
Ai piedi del Palazzo, nel 1849, sbarcò il Papa Pio IX che, profugo da Gaeta dove aveva riparato per fuggire l’insurrezione romana, fu premurosamente ospitato da Ferdinando II nella Reggia di Portici fino al 1850.  Una rappresentazione dello storico evento, esposta al Museo Nazionale di San Martino di Napoli, è l’Arrivo di Pio IX al Granatello; un olio su tavoletta del 1849 di Pasquale Mattej. 
Come tutti i Sovrani Borbone, anche Francesco II, l’ultimo Re della Patria Duosiciliana, fu intimamente legato a Villa d’Elboeuf. Tanto è vero che, dopo aver concesso da Portici la Costituzione del 25 giugno 1860 e trascorso gli ultimi giorni del suo regno nel Real Sito, con sua moglie, la giovane ed incantevole Maria Sofia, il 6 settembre dello stesso anno, si imbarcò dal Granatello per raggiungere Napoli, da dove poi le Loro Maestà sarebbero salpate definitivamente alla volta di Gaeta.



Con la proclamazione del Regno d’Italia, il destino di Villa d’Elboeuf venne segnato inesorabilmente. Tutti gli immobili ed i territori acquistati e appartenuti a Casa Reale Borbone, passarono in “dotazione” a Casa Reale Savoia. 
Villa d’Elboeuf fu ceduta alla famiglia Bruno, prendendone la denominazione, e in seguito ne venne frazionata la proprietà. Ai piedi della villa, nell’estate del 1882, sorse anche il primo stabilimento balneare, denominato anch’esso “Bagno della Regina”. Questa struttura fu eretta proprio a fianco dell’antico “Bagno Borbonico”, dove, per comodità dei tanti villeggianti, venne costruito un emiciclo su due piani dotato di 24 spogliatoi.
Anche i Savoia passarono per Villa d’Elboeuf, ormai divenuta Villa Bruno! Infatti, Vittorio Emanuele III il 16 maggio 1927, per recarsi ad inaugurare i nuovi scavi di Ercolano, sbarcò al Granatello dal Cacciatorpediniere Confienza e fu ricevuto, ai piedi della villa, da varie personalità politiche e dalla popolazione.  
Nel 1951 venne donata dal Cavalier Luigi Bruno al Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, che nel 1978 la vendette alla società immobiliare Ge.Ca.srl.
Ma veniamo ai tempi più recenti! Nonostante le diverse leggi emanate per proteggere le ville settecentesche del Miglio d’Oro; leggi che hanno dato vita all’Ente Ville Vesuviane (un consorzio tra lo Stato Italiano, la Regione Campania, la Provincia di Napoli e i Comuni vesuviani, diventato poi Fondazione) ed eletto le stesse “Monumento Nazionale” (Legge n° 1089/1939, Legge n° 1552/1961, Legge n° 578/1971), per Villa d’Elboeuf non c’è stata nessuna “pietà”! 
Tutto anche a dispetto del vincolo posto dalla Sovrintendenza sul bene, dato il valore storico dell’immobile, e sebbene vi sia stato il cofinanziamento della Comunità Europea con le Istituzioni nazionali.
Questa dell’Ente Ville Vesuviane, poteva essere un’occasione per Villa d’Elboeuf, ma purtroppo dell’Ente, proprio in quest’ultimo periodo, si è sentito parlare solo in relazione al rinnovo del Consiglio di Amministrazione, avvenuto nel dicembre scorso con la riconferma alla presidenza dello storico Giuseppe Galasso. E a pensare che tra gli obiettivi dell’Ente ci sarebbe “la realizzazione di opere di restauro e la diffusione di una rinnovata coscienza dell’importanza dei tesori del nostro passato”.
Ma procediamo con ordine! Nel 1993 il Professor Francesco Coppola ha elaborato il progetto di restauro della villa che sarebbe dovuta diventare un’area polifunzionale, costituita da un albergo, un ristorante, un centro velico ed un centro multimediale. Questo avrebbe dovuto generare ricadute anche in termini occupazionali, prevedendosi l’impiego di almeno un centinaio di persone (forse era un periodo elettorale!).
Non essendo però Portici dotata di un Piano Regolatore, occorreva un Accordo di Programma tra  Regione, Provincia e Comune, al fine di consentire il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, da residenziale a produttivo.
Ma nonostante i 25 miliardi di lire di fondi europei a disposizione del Patto Territoriale del Miglio d’Oro, sono dovuti trascorrere molti anni prima di giungere alla sottoscrizione di quest’accordo, avvenuta vergognosamente solo nel 2001, tra l’allora sindaco di Portici Leopoldo Spedaliere e gli assessori all’Urbanistica della Provincia di Napoli Guido Riano e della Regione Campania Marco Di Lello.
E perché tutto questo tempo, mentre la Villa andava in rovina? Difficile a credersi ma, misteriosamente, la documentazione si è smarrita per ben due volte nei meandri della Regione, costringendo i tre firmatari ad una seconda “estenuante” sottoscrizione!





Ma non basta perché, una volta firmato nuovamente l’Accordo, i Consiglieri Comunali di Portici, che avrebbero dovuto prontamente esaminare e discutere la delibera, non si sono presentati in Consiglio! È inverosimile ma la seduta nella quale si doveva affrontare la questione è andata deserta per ben tre volte! E dopo, come nelle migliori tradizioni regionali, il Consiglio Comunale è stato sciolto per presunte infiltrazioni camorristiche. Urrà!
A questo punto, il gruppo di imprenditori interessati ad investire nell’impresa, si è eclissato e il “gioco al massacro” della villa è ricominciato daccapo!
Così ha preso campo un nuovo progetto secondo il quale Villa d’Elboeuf sarebbe, questa volta, dovuta diventare un condominio di lusso. Ma anche quest’idea è andata in “fumo” perché, nel frattempo, un incendio è divampato all’interno della villa e i proprietari sembra siano stati poi nell’impossibilità finanziaria di farsi carico delle spese per la messa in sicurezza del Principesco Palazzo.
Tra “una tamburriata di qua e una tamburriata di là”, si arriva così al 2009 con la messa all’asta della villa. Avanti speculatori e principi della retorica!
Come da protocollo, falliscono i primi tentativi di vendita e gli interni della villa, giorno dopo giorno, sono sempre più in rovina per le intemperie e le spoliazioni; il tetto e i solai, costruiti con una struttura portante in legno, crollano un po’
ovunque!




Il Principesco Palazzo viene depredato di ogni bene al punto che oggi l’unico elemento architettonico, ancora rimasto a caratterizzare la villa, è rappresentato dalle due scalinate ellittiche, in strazianti condizioni, che collegano il palazzo con la spiaggia, confluendo, al piano nobile, in una piazzola un tempo delimitata da una prestigiosa balaustra in piperno e marmo bianco, anch’essa barbaramente saccheggiata come tutto il resto.
Nel 2011 un intervento di messa in sicurezza del tutto insufficiente, per soli 20.000 euro, da parte della curatela fallimentare, su istanza dell’amministrazione comunale. Si arriva quindi, tra incurie e ruberie, al marzo del 2013 e le condizioni del Monumento sono da tempo drammatiche! La villa viene finalmente aggiudicata, per la cifra di 4 milioni di euro, ad un gruppo di imprenditori napoletani, che la vogliono trasformare in una struttura ricettiva per il turismo. 
Intanto a Portici ci si prepara per le Elezioni Comunali e su YouTube tutto il mondo assiste allo sciacallaggio del 24 aprile rimasto impunito.
Il neoletto Sindaco Nicola Marrone però, nel settembre 2013, annuncia l’intenzione di chiedere al Ministero dei Beni e le Attività Culturali l’esercizio del diritto di prelazione sull’acquisto dell’immobile per destinarla ad un uso pubblico/sociale. 
In una missiva inoltrata al Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, il sindaco il 7 ottobre scorso scrive: “il timore che una iniziativa privata, seppur legittima, possa confliggere con la naturale vocazione di un territorio ricco di storia e con gli obiettivi programmatici dell’amministrazione comunale che ho l’onore di guidare, è alto”. La lettera termina con la richiesta di un incontro per poter concertare “ogni possibile percorso che assicuri la tutela del patrimonio e un concreto rilancio del territorio”.
Nella stessa data, dalla Soprintendenza arriva una nota al Comune nella quale si comunica che è cominciato l’iter per l’eventuale esercizio del diritto di prelazione con le relative prescrizioni temporali. 
Nonostante, questa volta, il via libera in Consiglio Comunale ed il successivo passaggio per la fallita richiesta di un mutuo, Il Comune è costretto a rinunciare anche per il possibile sforamento del patto di stabilità. 
Il tutto serve solo a far passare dell’altro tempo, fino al crollo parziale del 5 febbraio 2014 di un balcone e di alcuni solai che si trascinano una parete dell’edificio laterale su di un muro di contenimento e i cavi dell’alta tensione della ferrovia.
Sotto la pioggia incessante è una valanga di detriti, polvere e scintille; la massa di calcinacci si riversa sui binari, con la conseguente interruzione della prima linea ferroviaria della penisola italiana!
A questo punto il Sindaco Nicola Marrone firma un’ordinanza inviata all’amministratore unico della società che ha acquistato l’immobile all’asta affinché provveda ad horas ad eseguire tutte le opere necessarie ad eliminare i pericoli per la pubblica e privata incolumità e a garantire la ripresa del traffico ferroviario.




Villa d’Elboeuf è solo lo specchio di questo paese: progetti pagati e dimenticati nei cassetti, idee che restano solo tali, irresponsabilità pubbliche e private, incuria, scarica barili, fallimenti, aste, speculazioni, burocrazia savoiarda, illusioni e chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere!
Se non ci si sveglia dal “doloso letargo”, molto presto Villa d’Elboeuf crollerà completamente e il tutto sarà, ancora una volta, ipocritamente liquidato da pochi minuti al TG Regionale che enfatizzerà, più che altro, l’interruzione della linea ferroviaria e i noti problemi nei trasporti regionali.
Nell’indifferenza generale, un’altra traccia del nostro Passato e uno dei simboli della Città che fu dimora di Re e Regine, verrà cancellata con un’ennesima ferita inflitta alla Memoria Storica, alla Dignità e all’Orgoglio di  tutto un Popolo! 
In qualsiasi altro paese, questo non sarebbe consentito; in questa Italia è la normalità! Tutto sommato è solo dal 1971 che il Miglio d’Oro è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità.
Sono tanti i colpevoli e il “ Campanellino Villa d’Elboeuf ” sta lì a significare “vergogna” e a mostrare al mondo intero il degrado in cui sopravvive della Gente che, sebbene colonizzata da 153 anni, ha quasi 3000 anni di Storia e Civiltà. 

Maurizio Vitale.
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