Meridionali brutti, sporchi e cattivi

VALENTINI SCRIVE

di

Salvatore Lanza

Secondo lo scrittore Valentini (cfr. il suo ultimo libro), la Campania, la Sicilia e la Calabria sono una specie di cancro per l’Italia, i meridionali sono sempre stati delinquenti e sono “i più incivili” secondo i dati riportati dalla Fondazione Res. Non partecipano alle elezioni, sono meno disposti al volontariato, non fanno la differenziata e leggono meno giornali e libri. Molte persone ignorano che quelle stesse regioni sono sostanzialmente la Magna Grecia, in quelle stesse regioni sono state inventate o migliorate discipline come l’etica, la filosofia, la matematica, la geometria, l’architettura, la retorica, l’archeologia, la teologia, la letteratura, la logica, la musica, la sociologia, la medicina, l’arte,  il diritto, l’economia, l’educazione civica e perfino la magia, quella bianca, chiaramente. Grandi uomini del passato e del presente, grandi filosofi, letterati si sono definiti incompleti perché non erano o non sono napoletani. Penso a Virgilio o a Giacomo Leopardi. I due massimi poeti della storia antica e moderna. Molte altre dimenticano o non sanno che in quelle stesse regioni forse non ci sono tantissimi volontari perché ci si deve impegnare quotidianamente a sbarcare il lunario e si ha poco tempo da dedicare agli altri e non sanno neppure che quelle stesse regioni, in ogni “maratona della solidarietà” nazionale,  sono sempre le più generose. 
Valentini scrive: “Cosa c’entra Garibaldi con il malaffare?”. Lui ignora che Garibaldi al Sud ha regolarizzato il malaffare, altrimenti non sarebbe mai sbarcato prima in Sicilia e poi a Napoli, lui non ricorda o non lo ha studiato che i primi tutori dell’ordine furono proprio i mafiosi in Sicilia e i camorristi in Campania che divennero senza concorso i tutori della legge inaugurando la stagione (ancora attuale) degli amori tra uno stato e la malavita. Ma Valentini conosce i dati della delinquenza preunitaria al Sud prima di Garibaldi? Non conosce, ovviamente, le ragioni che spingono un uomo del Sud  a comprarsi un posto di lavoro e, a giusta ragione, affermare “l’ho pagato e me lo gestisco io!”.  Come può un giovane meridionale amare un corpo di polizia quando, magari, poche ore prima ti ha (giustamente) arrestato un padre o un fratello? Come potrebbe rispettarlo magari se ricorda che non è il suo ma che apparteneva ad uno stato che da 150 anni lo ha massacrato e occupato, riempito di tasse, imponendo sette anni di leva obbligatoria e costringendolo nel migliore dei casi ad emigrare in America o a morire in prima linea nelle trincee della prima guerra mondiale (ne morirono 500.000 di giovani “delinquenti” meridionali, caro Valentini). La “burocrazia borbonica”, così definita, dagli “scrittori salariati” di gramsciana memoria, era la più avanzata d’Europa, snella, veloce efficace e,  pensi caro Valentini, inventammo le pensioni per i dipendenti pubblici con la trattenuta del 2% sugli stipendi, gli asili nido, l’assegno di disoccupazione, che doveva anche rispettare la privacy, la raccolta differenziata, la motivazione delle sentenze, gli assegni bancari, le agenzie turistiche, i marchi doc per i prodotti meridionali, le navi da crociera, la cartografia moderna, le cattedre di osservazione chirurgica e quella di economia o quella di vulcanologia. Qualcosa, evidentemente, deve essere successo ai meridionali più o meno 150 anni fa a meno che non crediamo davvero che si tratti di esseri inferiori per razza. Il passato per il passato non ci interessa, ma non può non interessarci quando è così legato al presente e se può servire (altro che “alibi” o “giustificazionismo”) a formare meridionali (e classi dirigenti) finalmente consapevoli e fiere come non capita da oltre un secolo e mezzo e dopo un secolo e mezzo di libri come quelli di Valentini…






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