LA VERITA’ STORICA SULL’UNIFICAZIONE ITALIANA

LA NOSTRA REPLICA SULLA “GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO” (8/1/20) CONTRO CHI PUÒ USARE SOLO GLI INSULTI PERCHÉ FORSE SA CHE LE SUE TESI SONO (ORMAI) DEBOLI E PERDENTI.

Surreale e debolissima la controreplica: si cita Romeo (ricerche di circa mezzo secolo fa) e non si entra, ovviamente, nel merito a proposito di scuole e Pil rifugiandosi in un surreale “i dati non hanno bisogno di particolari interpretazioni” (in che senso? Se si citano fonti e documenti si replica con fonti e documenti). Peggio per loro: noi non ci stancheremo mai di raccontare le nostre verità storiche e i risultati sono sempre più positivi…
NESSUNO “INVOCA I BORBONI” MA TUTTI HANNO IL DIRITTO E IL DOVERE DI RACCONTARE LA VERITÀ STORICA SULL’UNIFICAZIONE ITALIANA.
In mancanza di scuse adeguate e riservandoci la possibilità di procedere nei termini legali e di richiedere a nome del movimento neoborbonico risarcimenti per eventuali danni morali e materiali (che assegneremo come borse di studio nelle scuole della periferia napoletana), si richiede al direttore della Gazzetta del Mezzogiorno la pubblicazione di una opportuna replica all’articolo del 4/1/20 firmato da Beniamino A. Piccone secondo il quale “chi invoca i Borboni -il cosiddetto movimento neoborbonico- è un demente”. Non conosciamo Piccone e possiamo solo ipotizzare che si tratti di un intellettuale magari di origini meridionali trasferitosi al Nord: di sicuro sappiamo che utilizza come fonte principale il testo di un autore (E. Felice) per il quale “il Sud è rimasto indietro” per colpa… del Sud. Peccato, però, che lo stesso autore sia stato “sconfessato” da due suoi colleghi accademici (V. Daniele e P. Malanima) che hanno definito il suo libro più adatto “agli scaffali della pubblicistica” che a quelli degli studi economici. Peccato anche che la stessa tesi è la tesi utilizzata da oltre 150 anni dalla storiografia ufficiale e per 150 anni non è riuscita a risolvere le questioni meridionali sconfinando, spesso anche involontariamente, nel razzismo antimeridionale. Peccato anche che qui nessuno (meno che mai il movimento neoborbonico) “invochi i Borboni” (cognome che tra l’altro non andrebbe pluralizzato) ma utilizzi solo ricerche soprattutto archivistiche e anche ricerche recenti di accademici come gli stessi Daniele e Malanima o Tanzi, De Matteo, Fenoaltea, Ciccarelli, Collet o Davis che hanno ormai dimostrato che la questione meridionale nasce dopo dopo l’unificazione italiana e che livelli di redditi, pil, risorse bancarie, demografia e industrializzazione al Sud erano pari o superiori a quelli del resto dell’Italia. Che “le vittime meridionali siano figlie dei Borbone”, poi, è tesi davvero strana se pensiamo alle migliaia di “briganti” uccisi, incarcerati o deportati o se pensiamo ai milioni di meridionali emigrati fino ad oggi e partiti solo dal 1870 (a differenza delle altre regioni italiane dalle quali si emigrava già prima del 1860). Altro che “Borbone che contrastavano chi voleva fare impresa”: fino al 1860 al Sud contavamo oltre un milione e seicentomila operai (quasi il doppio di quelli del Nord) e oltre 6000 fabbriche (dati-Fondo Ministero Agricoltura Industria e Commercio, Archivio di Stato di Napoli). In quanto all’analfabetismo, studi archivistici recenti stanno dimostrando che le famose percentuali del censimento del 1861, con i dati originali perduti per sempre, furono falsati e condizionati politicamente se è vero che nelle Due Sicilie c’erano oltre 7000 scuole elementari (v. i dati del Fondo Ministero Istruzione sempre presso l’Archivio di Stato di Napoli). È vero: “senza classi dirigenti adeguate il Sud non andrà da nessuna parte” ma servono anche classi dirigenti (giornalisti, docenti e opinionisti compresi) consapevoli e fieri della propria storia e magari capaci anche di evitare insulti contro chi non condivide le proprie tesi.
Prof. Gennaro De Crescenzo
Presidente Movimento Neoborbonico

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