In risposta al Prof. Pinto

           NON ESISTONO PIÙ LE QUESTIONI MERIDIONALI (DI UNA VOLTA), I BRIGANTI ERANO BORBONICI (MA ANCHE NO), I GIOVANI PARTONO (PORTIAMOLI DALLO PSICOLOGO).

Interessante intervista del prof. Carmine Pinto, pubblicata dal quotidiano “la Repubblica” – edizione di Bari – dell’8 gennaio 2020, sul suo libro dedicato al brigantaggio: diverse le contraddizioni significative e tipiche del mondo accademico in questi anni. Ne analizziamo qualcuna.

1) Come capita anche nel libro, Pinto sostiene una tesi e anche il suo contrario e così:
A) Il brigantaggio si lega a due “diverse ipotesi di società: quella unitaria e quella borbonica” ma, dopo due righe i briganti sono anche…
B) “figure sociali che da sempre esistevano nelle campagne del Sud e nelle altre società rurali”.
Tenendo da parte i giudizi sul solito silenzio sulle migliaia di meridionali massacrati, deportati o incarcerati (glissa anche nel libro su questo tema), com’è possibile (sul piano logico e non solo storiografico) ipotizzare che i briganti fossero “borbonici”, ma esistevano già prima che ci fosse il conflitto con gli “unitari” visto che quel conflitto nacque solo intorno al 1860?
Com’è possibile negare (ancora) che i briganti pre-unitari erano, per quantità di persone coinvolte, durata e mezzi in campo per sterminarli, una cosa del tutto diversa da quelli post-unitari? E il tutto per dimostrare la ormai debolissima tesi del consenso anche meridionale al progetto unitario?

2) La questione meridionale non è mai finita?
A) “Non so se possiamo usare queste parole riferibili ad altri momenti storici” ma…
B) “il Sud è periferia d’Europa e ha un sistema economico e produttivo fragile”.
In sintesi: Pinto sostiene sistematicamente (lo fece anche durante un bel confronto con il sottoscritto qualche anno fa) che la storia deve restare storia senza legami con il presente. Questa tesi, però, rischia di diventare una tesi vuota tanto è vero che a parole la sostiene (A) e nei fatti lui stesso la smentisce e conferma i legami inevitabili tra passato e presente (B).

3) Forse dall’alto delle loro tranquille cattedre o magari delle finestre delle loro ville a Posillipo o degli aerei magari utilizzati per viaggiare nel mondo, è difficile capire la disperazione di chi emigra (centinaia di migliaia di giovani in questi anni e molti laureati nelle università di Pinto e colleghi), ma la tesi di Pinto a proposito dell’emigrazione giovanile al Sud è davvero debole e forse pure un poco irritante. Per Pinto i meridionali emigrano perché “sono ostaggi di un autoracconto secondo il quale restare qui vuol dire non avere prospettive di futuro”. Non si tratta, allora, di un sistema “economico e produttivo fragile” (eppure lo dice lui dopo due righe), ma solo di un problema… psicologico! A questo punto invitiamo Pinto a provare ad iscriversi in qualche centro per il lavoro, a richiedere un prestito bancario per avviare un’azienda o ad inviare 2-300 curriculum alle aziende del Sud e a vedere quali e quante risposte riceverà e, nell’attesa, rendersi conto che si è costretti a vivere in famiglia senza avere possibilità di realizzare un proprio progetto familiare o si è costretti a partire…

4) Pinto è davvero convinto che per risolvere la questione meridionale non servano economisti (consapevoli e fieri) ma… gli psicologi? Per Pinto davvero l’autonomia differenziata del Nord va contrastata con “gruppi politici capaci di restituire al Sud fiducia in se stesso” senza fare una “politica di rivendicazione”?
Quindi se il Nord chiede più soldi e se il Nord in questi anni (in linea con quanto accaduto più o meno dal 1860) ha sottratto al Sud oltre 61 miliardi di euro all’anno (dati-Ragioneria Centrale dello Stato) non dobbiamo rivendicare nulla, ma sorridere e pensare, magari dopo un’oretta di meditazione Zen, che “ce la possiamo fare”?
In sintesi, allora, noi continuiamo a stimare Pinto (che abbiamo incontrato spesso con reciproca cordialità), ma in questa breve intervista ci sono alcuni dei motivi per i quali le accademie sono sempre più distanti dalla realtà e le tesi “alternative” (magari neoborboniche) ottengono successi crescenti nonostante i numerosi tentativi di Pinto&colleghi di demonizzarle o di sminuirle…
Gennaro De Crescenzo

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