IL CONFINE TRA REGNO DELLE DUE SICILIE E STATO DELLA CHIESA

La storia del recupero dei “Cippi di confine”, chiamati anche “Termini”, è vecchia quanto il nostro Movimento. Mentre un gruppo di compatrioti cercava negli archivi la memoria storica del nostro Popolo, un altro drappello di eroi, armati di un’antica cartina di confine e di un’abbondante dose di ostinazione, si mise a cercare ed a rialzare i Termini di confine quali “monumenti di pietra” di un’antica Nazione.
Mi piace citare Tommaso Argentino D’Arpino ed il Dott. Farinelli, i capibanda di questa colossale opera di riesumazione e ricollocamento che, per gli sforzi fisici ed economici che ha comportato e che ancora sta comportando, appare non lontana dal lavoro che nel lontano 1840 tracciò la linea di confine più antica d’Italia.
Alessandro Romano
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Brevi Accenni di Storia dei Cippi di Confine
tra lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie
di
Giuseppe Albrizio
Dopo alcuni secoli di controversie, non si riusciva mai a stabilire l’esatto confine per gestire le risorse del territorio, finalmente venne sottoscritto a Roma, il 26 settembre 1840, un trattato che tra l’altro prevedeva l’installazione di 686 Termini di confine numerati progressivamente dal mar Tirreno al mar Adriatico (la numerazione effettiva va da 1 a 649 perché alcuni Termini hanno lo stesso numero seguito da una lettera alfabetica maiuscola).
Il Termine n°1 fu posto alla foce del fiume Canneto tra Fondi e Terracina, il n° 649 al ponte di barche di Porto d’Ascoli presso la foce del fiume Tronto.
Sotto ogni Termine venne sotterrata una medaglia di lega metallica recante lo stemma dei due stati.
I lavori di apposizione dei Cippi iniziarono dal versante tirrenico nell’anno 1846 e le Colonnine poste in quel periodo portano scolpita questa data, tutte le altre portano la data del 1847.
I Termini furono posti in modo che la data di apposizione con le Chiavi di San Pietro guardassero in direzione del territorio dello Stato Pontificio mentre il numero progressivo con il Giglio in direzione del territorio del Regno Borbonico.
La linea scolpita sulla testa del Termine indicava la direzione del confine e quindi la posizione del Termine precedente e di quello successivo.
Le Colonnine non venivano posizionate ad una distanza regolare l’una dall’altra ma seguendo una logica a secondo la conformazione del terreno; nella fattispecie, nei luoghi dove il confine seguiva il corso di un fiume o di una valle ne venivano posizionate poche, mentre, dove il confine seguiva una linea irregolare, poste una vicino l’altro.
I Termini venivano ricavati da grosse rocce presenti lungo la linea di confine o da cave di pietra, grazie al lavoro di scalpellini, e poi trasportati a spalla da numerosi uomini sul luogo di apposizione.
Con l’unificazione d’Italia la maggior parte dei Cippi furono rimossi dal loro posto originario alla ricerca dei medaglioni ivi sotterrati, poi alcuni furono rotolati lungo i pendii, altri distrutti, altri asportati e portati davanti alle chiese, piazze, cimiteri di paesi limitrofi al confine, case private e fortunatamente alcuni lasciati nei luoghi originari.


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