MEGLIO SE NON FATE PIÙ NULLA PER IL SUD

Lino Patruno

Siccome per il Sud non c’è più niente da fare, tanto vale non fare niente. Questo il ritornello. E il record della più veloce conferma lo ha battuto il sia pur controverso ministero del Mezzogiorno: abortito pochi giorni dopo l’annuncio di gravidanza. Se qualcuno ne ha sentito più parlare, chiami il numero verde. Dopo il “chi l’ha visto” anche per l’Agenzia del Sud, quella che si doveva occupare dei fondi europei. Ma sarebbe già qualcosa se si limitassero a non far nulla. Il problema è quando cominciano a far qualcosa.
Fondi europei, appunto. Arrivano da Bruxelles 490 milioni al Sud per la cultura. Al Sud ci sono 256 siti (musei, monumenti, aree archeologiche), il 48 per cento del patrimonio nazionale. Con punte assolute come Pompei, Ercolano, Reggia di Caserta, ma anche Castel del Monte. Si prevede che la cifra porterà a 560 mila nuove visite, oltre a restauri e ristrutturazioni con lavoro per tante piccole e medie imprese. Cosa buona e giusta visto che, quando si parla di sviluppo del Sud, si dice di puntare sulla cultura e sul turismo e vedrete se restate Sud.
Tutto troppo bello per essere vero. Leggi infatti il resto e t’accorgi che solo alla Lombardia sono andati 970 milioni. A una sola regione del Nord quasi il doppio di cinque del Sud. Effetto dei programmi presentati dal governo all’Unione. Che all’obiezione risponde: ma guardate che questi sono fondi aggiuntivi, il resto lo devono mettere le regioni. Il piccolo particolare è che a quelle meridionali sono stati appena sottratti 3,5 miliardi europei assicurando che li restituiremo. Restituire qualcosa: in Italia. Anzi al Sud.
Già sconcertato, fai un altro po’ di conti. E ti accorgi che tra manovra economica e Sblocca Italia, l’81 per cento dei finanziamenti è andato al Centro Nord. Sempre considerando, per carità, il Sud prima di tutto. Figuriamoci se era dopo di tutto. Specie per le Ferrovie, con ciò che sappiamo sulla Bari-Napoli, sulle linee adriatiche, sulle littorine nel tratto jonico, su Matera (prossima capitale europea della cultura) unica città italiana senza treni e binari di Stato. Il 98,8 per cento di finanziamenti da Firenze in su, l’1,2 per cento da Firenze in giù.
Ancòra. Il premier Renzi va al Politecnico di Torino e sentenzia spiccio: mettiamoci in testa che ci sono università di serie A e di serie B, illusione pensare il contrario. Si figuri: è giusto che il merito sia riconosciuto. Ma si dovrebbe partire dallo stesso livello, sarebbe una corsa truccata quella in cui uno fa i cento metri e l’altro ottanta.
E’ esattamente ciò che avviene con i finanziamenti: di più a chi incassa più tasse di iscrizione, cioè di più a chi è più ricco non a chi è più povero. Ed è ciò che avviene anche con i docenti che vanno in pensione: sostituiti cinque volte più al Nord che al Sud. Ciò che insieme a tutto il resto contribuisce (contribuisce) a fare le università di serie A e di serie B. Cioè prima ti creano la serie A e la serie B, poi non solo te la rinfacciano ma ti impediscono di crescere. Come se nei campionati di calcio si abolissero le promozioni.
Così per le fiere. Pioggia di soldi solo su quelle del Centro Nord, come questo giornale ha ampiamente denunciato. E meno male che le fiere sono considerate vetrine per sostenere il “Made in Italy”. Forse il Sud non è considerato Italy. Fatto sta che dei 48 milioni stanziati, non un euro è andato al disotto di Roma. In base al solito sospetto criterio dei dati storici: siccome sono “storicamente” le più importanti, puntiamo su di loro. Scusi, ma se le meno importanti potessero diventarlo? Chissà, si affidino allo Spirito Santo. E meno male che quel buon’uomo del papa denuncia sempre le diseguaglianze. Questo senza onestamente disconoscere tanti peccati (presenti o passati) di tanto Sud.
Il criterio cosiddetto storico deve essere peraltro un trucco sicuro quando si deve dare una bottarella al Sud. Ce ne siamo deliziati con gli asili nido pubblici. Sei sette volte più numerosi (e più finanziati) al Centro Nord rispetto al Sud, come se al Sud ci fossero figli di un dio minore e non di mamme come le altre. Tranne poi meravigliarsi se al Sud si nasce sempre meno, con i morti più dei nati per la terza volta in oltre 150 anni.
Ultime notizie. Solo ora il ministero scopre che è inquinato non più del 15 per cento della Terra dei Fuochi in Campania, dove la camorra sotterrava i rifiuti dell’industria del Nord. Solo ora, dopo aver mandato in rovina tanti prodotti alimentari del Sud, a cominciare dalla mozzarella di bufala.
Tutto questo sarà considerato lamentismo meridionale, come sempre quando si disturbano gli addetti ai lavori. E’ vero che non poco dei problemi del Sud dipende dalle cattive classi dirigenti del Sud. Ma essenziale è che si dica tutto, non solo ciò che fa comodo per arrivare alla sopradetta conclusione che, non essendoci per il Sud più niente da fare, tanto vale non farlo.

 

 

 

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Perché il Regno dei Borbone si chiamava "Delle Due Sicilie"

 

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Mario Montalto – L'aggressione militare al Regno delle Due Sicilie

Lunedì 30 marzo 2015, alle ore 18.30, presso la sede della Fondazione Il Giglio, sita a Napoli, in Via Crispi n. 36/A, alla presenza dell’autore ci sarà la presentazione del libro.
Naturalmente soci, sostenitori ed amici sono tutti invitati.
Per chi fosse interessato all’ acquisto visitare il sito www.editoraleilgiglio.it .

Montalto Mario Aggressione Militare#001

Prima edizione 2015
pagine 48, 8 immagini a colori
€ 10,00 – sconto Soci 30%
Sconto speciale: acquista ”le 4 Sensiglie” dello stesso Autore a € 34,00
Le sensiglie erano bandiere reggimentali appartenenti ai Tercios della Napoli ispanica.
Riadottate dalla fanteria dell’Esercito delle Due Sicilie, erano segni distintivi dei tre battaglioni reggimentali. Con questa nuova collana, che presenta testi facilmente fruibili che mettono a disposizione del lettore informazioni altrimenti disperse e difficilmente reperibili, Il Giglio vuole raccogliere la forza simbolica degli antichi stendardi militari per difendere, con lo stesso spirito, la memoria storica delle Due Sicilie.

Il nuovo saggio dell’ammiraglio Mario Montalto, studioso di storia militare, prende in esame secondo i criteri della Scuola di guerra – i “fattori di potenza e di debolezza” dell’esercito borbonico, gli errori strategici compiuti nel 1860, la concezione di guerra ideologica e totale combattuta dai piemontesi.

Il contesto storico.
Il Regno delle Due Sicilie non cadde per “implosione”, come vorrebbe una parte degli storici risorgimentali, ma per un’aggressione militare progettata dal Piemonte, con la collaborazione attiva dell’Inghilterra e la complicità della Francia. Ma perché il Regno non riuscì a resistere all’aggressione militare?

Lo studioso sgombra il campo dall’immagine caricaturale dell’“esercito di Franceschiello”, creata dalla divulgazione risorgimentale. Dopo il riordinamento voluto da Ferdinando II «il nostro esercito era in sintesi un complesso estremamente valido e autosufficiente, non privo, però di difetti strutturali».
Quanto alla Marina, l’Armata di Mare, «nel 1860 essa si presentava come un ottimo edificio, solido moderno, ben strutturato», era «la più importante tra le [Marine] preunitarie per organizzazione tecnica ed amministrativa, qualità e quantità degli stati maggiori e degli equipaggi». «L’edificio, però era corroso dalle termiti e queste termiti erano gli uomini. […] L’ufficialità [dell’Armata di Mare] era inquinata dalle idee liberalmassoniche in proporzione molto più ampia che non l’Esercito e, a differenza di questo, fino ai gradi più bassi».

Le “termiti” che avevano scavato l’imponente edificio della Marina borbonica erano le logge massoniche ed i circoli liberali che avevano conquistato non solo gli alti gradi, ma anche i marinai. Prima di essere sconfitti dalla guerra guerreggiata, i Borbone di Napoli, pur disponendo di un esercito di prim’ordine, erano stati sconfitti dalla guerra occulta, una guerra tipicamente rivoluzionaria, contro la quale il Regno delle Due Sicilie non aveva praticamente difese, se si esclude la consapevolezza di alcuni singoli.

L’aggressione militare al Regno delle Due Sicilie fu preceduta da quella politica. «Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie è politicamente isolato». Questo isolamento è stato rimproverato sia a Ferdinando II che a Francesco II da diversi storici. Ma un riavvicinamento all’Inghilterra, che inizialmente aveva protetto il Regno in funzione anti-napoleonica avrebbe comportato la perdita de facto della Sicilia, che l’Inghilterra voleva per gli zolfi e per farne una base navale, che l’avrebbe collocata al centro del Mediterraneo. La Marina mercantile delle Due Sicilie e le sue esportazioni sarebbero passate sotto il controllo della Royal Navy. Apparentemente un riavvicinamento alla Francia sarebbe sembrato meno pericoloso. Ma alcuni esuli «avevano fatto delle avances positivamente accolte a discendenti di Murat» e la sostituzione della dinastia dei Borbone con quella dei Murat «avrebbe consentito a Napoleone III di fare del nostro Regno un protettorato francese».

Francesco II aveva un carattere mite e generoso, che lo indusse all’errore strategico di abbandonare prima Palermo e poi Napoli al nemico pur di evitare alla popolazione ed alle città gli orrori e le devastazioni dei bombardamenti. La sua concezione era quella della guerra limitata e circoscritta da regole del Medioevo cristiano.

La stessa idea che i suoi generali rimproveravano all’Imperatore Carlo I d’Asburgo (1887-1922), proclamato Beato dalla Chiesa nel 2004 . Ma «nel 1860 siamo alla guerra moderna, quella totale, già praticata dagli eserciti della Rivoluzione francese e napoleonici (…) e già nel 1832 era stata pubblicata la prima edizione di “Von Kriege” [“La guerra”] di Karl Von Clausewitz». Il generale prussiano, già nel primo capitolo si pone il problema dell’etica in guerra (…) e definisce quest’ultima «un atto di forza che ha per scopo quello di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà». Per nemici spietati come gli uomini reclutati da Garibaldi ed i piemontesi, atti di bontà d’animo come quelli dei soldati del 14° Battaglione dei Cacciatori che si tuffarono nel Volturno per salvare la vita ai garibaldini che stavano annegando, senza poi neanche farli prigionieri, erano inconcepibili.

Ma Francesco II si batté con grande valore ed aveva capacità militari. Il Re voleva attaccare di nuovo all’indomani della battaglia del Volturno, (1 ottobre 1860). Aveva compreso che i garibaldini, i piemontesi, e gli altri reparti stranieri che li affiancavano erano allo stremo e non avrebbero resistito ad una nuova offensiva napoletana.

«Quest’ultimo errore – nota l’ammiraglio Montalto – fu frutto della natura troppo temporeggiatrice (e il tempo lavorava contro di noi !) e prudente del generale Ritucci, che prevalse sull’intuizione di Sua Maestà, il quale aveva perfettamente capito la portata della vittoria e voleva che si attaccasse di nuovo e subito».

L’Autore
Mario Montalto è nato a Napoli nel 1934 ed è stato ufficiale di carriera nella Marina Militare, congedandosi con il grado di Contrammiraglio. Allievo dell’Accademia Navale, ha frequentato i corsi di Stato maggiore dell’Istituto di Guerra Marittima, l’Istituto Stati Maggiori Interforze e il Centro Alti Studi della Difesa. Studioso di storia militare, ha collaborato alla rivista L’Alfiere. Un suo antenato partecipò il 21 settembre 1860 al vittorioso scontro di Caiazzo, dove i napoletani misero in fuga Garibaldi.
L’ammiraglio Montalto è autore di altri tre saggi sulle forze armate borboniche editi dal Giglio: L’Esercito delle Due Sicilie (2005); La Marina delle Due Sicilie (2007) e I Cacciatori Napoletani 1821 – 1861 (2010).

Il brano scelto
«Quando si apre il capitolo finale della plurisecolare storia della nostra patria, è da poco sul trono S. M. Francesco II, uomo di belle qualità e di viva intelligenza, come dimostrerà in diverse circostanze, da ultimo intuendo, a differenza dei suoi generali, quale seguito immediato sarebbe stato necessario dare alla battaglia del Volturno.
Egli, però, è molto giovane e quindi inesperto; il suo profondo sentimento religioso, tendente al misticismo (è il “figlio della Santa”) non è affiancato dal realismo indispensabile ad un uomo di Stato: un essenziale binomio che possedeva in sommo grado il suo predecessore, il grande Ferdinando II, e la cui mancanza, che lo accosta alla figura dell’imperatore d’Austria Carlo I (cui fu rimproverata dai generali austriaci), si rivelerà magna pars di quel problema etico sul quale dovremmo soffermarci in seguito. Basterà qui ricordare la decisione sovrana di abbandonare la capitale per risparmiarle lutti e distruzioni senza rendersi conto dei lutti, delle distruzioni e del sangue versato che una condotta “umanitaria” della guerra avrebbe riservato al suo popolo. Profondamente retto e leale, infine, crede che anche tutti gli altri (e non solamente alcuni) lo siano e questo è un modo di pensare molto pericoloso e foriero di amare sorprese.
I consiglieri del giovane Re saranno di diversa natura ed estrazione: uomini saggi e fedeli alcuni, altri quanto meno discutibili come coloro che lo indurranno a concedere la Costituzione in un momento in cui, se fosse già stata promulgata ed in vigore, avrebbe dovuto essere revocata. Grazie ad essa le strutture dello Stato vengono sottratte al Sovrano e trasferite ai ministri, anche quelle militari e ciò mentre siamo in guerra, se non de iure de facto (ed è ciò che conta).
Delineato così il quadro politico-internazionale e interno, entriamo nel vivo dell’argomento: di tutto quanto avrebbe dovuto esserci e non ci fu, che avrebbe dovuto consentire la nostra salvezza e la cui carenza provocò il nostro crollo militare e, quindi, politico con la conseguente fine del Regno».

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L’Esercito delle Due Sicilie
La Marina delle Due Sicilie
I Cacciatori Napoletani 1821 – 1861
La difesa del Regno
Gli Eroi del Volturno (cdrom)
Biblioteca delle Due Sicilie

 

 

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Cenerentola era napoletana

Da qualche giorno nelle sale di tutto il mondo è uscito un nuovo grande e bellissimo film della Disney dedicato a Cenerentola.

La versione occidentale della favola è stata scritta per la prima volta agli inizi del Seicento da Giambattista Basile, autore, tra le tante opere, di quel “Cunto de li cunti” che contiene quasi tutte le favole “moderne” conosciute in Europa.

Tradotta in tutte le lingue, la favola di quella “gatta cenerentola” scritta in quella meravigliosa, barocca e pirotecnica lingua napoletana, ‘ispirò’ la versione di Perrault e quelle successive dei Grimm e di Disney prima a cartoni e ora in un film di interesse planetario.

Basile era nato a Giugliano, presso Napoli, intorno al 1566 e a Giugliano morì e fu sepolto dopo una notevole carriera politica e letteraria. Quando Basile immaginava quel palazzo con quelle scale sulle quali quella ragazza famosa in tutto il mondo perde la sua preziosa scarpetta, probabilmente pensava a quel Palazzo Reale di Napoli che ben conosceva e che, più o meno, è lo stesso che vediamo oggi. Da quattro secoli, però, nessuno ha mai apposto sotto quelle scale una semplice targhetta con una breve scritta: “Su queste scale Cenerentola ha perso la sua scarpetta”. In altre parti d’Italia, se non del mondo, lo avrebbero fatto. Vedi la “Giulietta” di Verona. Una favola divenuta verità storica ed…..imprenditoriale.

Basile è più conosciuto nel resto del mondo che a Napoli e in Italia e quella scarpetta è il simbolo di radici e memorie che abbiamo perso più o meno da un secolo e mezzo… Cenerentola è Napoletana, ma nessuno lo sa.

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Notizie tratte da Gennaro De Crescenzo, “Napoli. Storia di una Città”, Phoebus Edizioni, Napoli, 2007.
Da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile. Trattenimiento siesto de la jornata primma. Zezolla, ’nmezzata da la maiestra ad accidere la matreia e credenno co farele avere lo patre pe marito d’essere tenuta cara, è posta a la cucina. Ma, pe vertute de le fate, dapò varie fortune, se guadagna no re pe marito… Saperrite donca che era na vota no principe vidolo, lo quale aveva na figliola accossì cara che no vedeva ped autro uocchio; a la quale teneva na maiestra princepale, che la ’nmezzava le catenelle, lo punto ’n aiero, li sfilatielle e l’afreco perciato, monstrannole tant’affezzione che non s’abbasta a dicere. Ma, essennose ’nzorato de frisco”…

 

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Viaggiatori e Visitatori illustri della città di Formia

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E’ uscito in questi giorni per Terraurunca Edizioni, il nuovo libro di Daniele E. Iadicicco, presidente dell’Associaizone Terraurunca dal titolo “Viaggiatori ed ospiti illustri della città di Formia”. Il libro fa parte della collana “quaderni dell’Archivio Storico Franco Miele” di Formia.
Si tratta di un antologia di 160 pagina di testi dei racconti dei viaggiatori e degli ospiti che descrivono Fomia durante i loro soggiorni. Uno spazio temporale che va dal XVIII al XIX secolo e che ci restituisce un immagine incantevole della città, notevolmente diversa da quella che siamo oggi abituati a vedere.
Ecco quindi riaffiorare dalle testimonianze di Alexandre Dumas, Lady Sidney Smith, William Fox Talbot, la Regina Carolina d’Inghilterra, e tanti tanti altri, una Formia splendida ed incantevole capace di rapire al primo sguardo i suoi visitatori. Molte le testimonianze anche degli ospiti che Formia ebbe in quel periodo tra cui, Re Ferdinando IV, Re Ferdinando II, il Gen Acton, Papa Pio IX, Leopoldo di Toscana e tanti altri. Commovente l’incontro in città tra i Re fratelli Ferdinando I di Napoli e Carlo IV di Spagna, che a Mola si riabbracciarono dopo tanti anni.
Presto sarà organizzata una presentazione per far conoscere meglio il libro a tutti.
Per info info@terraurunca.it.

 

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Briganti in teatro a Pontinia

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Conferenza a Santi Cosma e Damiano – Brigantaggio

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La Tammorra dei Briganti

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I Fuochi di San Giuseppe a Itri

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Il nostro 17 marzo

DI QUALE UNITA’  STIAMO PARLANDO?

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Questa è l’Italia frutto di annessioni manu militari alla data del 17 marzo del 1861.

Di che festa dell’unità parlano se, in questa data, mancavano ancora grosse fette di territorio da conquistate, annettere e sottomettere al piemonte?
Il nostro pensiero sull’intera vicenda risorgimentale, si riassume perfettamente in quanto scrisse Vincenzo Gioberti:
“ Supporre che l’Italia, divisa com’è da secoli, possa pacificamente ridursi sotto il potere di uno solo, è demenza; il desiderare che ciò si faccia per vie violente, è delitto, e non può non nascere se non nell’animo di coloro, che guastano la politica, anteponendola alla morale, e disonorano la Patria, separandone gli interessi e i diritti dalla mansuetudine e dalla giustizia”.
A scuola non ci hanno raccontato che il vero progetto per l’unificazione era ben diverso e che, soprattutto, era fondato sul rispetto delle autonomie, delle lingue e delle culture. Non vi era traccia di prevaricazione e sopraffazione politica ed economica. Era un’unione nella ricchezza delle diversità territoriali ultramillenarie.
Ma per l’Inghilterra la nascita di una vera e forte Nazione Italiana, da lei svincolata, nel cuore del “suo” Mediterraneo era una grande minaccia per i suoi diffusi e radicati interessi economici. E così che il piccolo Piemonte fu incaricato dalla massoneria inglese di rompere ogni progetto italico di vera unità nella pace e nella concordia e di conquistare con la forza delle armi gli stati italici, imponendo loro un Governo dittatoriale conforme alle strategie liberiste internazionali.
Fu una “malaunità” di cui oggi ne raccogliamo i peggiori frutti.

Chi crede nella verità, nella giustizia e nella concordia, il 17 marzo non ha proprio niente da festeggiare.

BC

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IL NOSTRO 17 MARZO?

TUTTI I GIORNI DAL 1993

Come sapete raramente parliamo di noi perché per noi i fatti sono più importanti delle chiacchiere in “stile facebook”: questa volta, però, per il 17 marzo, data delle celebrazioni retoriche dell’unificazione italiana, facciamo un’eccezione per spiegare a coloro che non ci conoscono che cosa abbiamo fatto, che cosa facciamo e che cosa faremo “contro il 17 marzo”.

Risparmiandovi le centinaia di tappe precedenti (appena appena dal 1993), elenchiamo alcune delle iniziative che hanno visto la partecipazione dei Neoborbonici a convegni, seminari scolastici e non, mostre, dibattiti, manifestazioni in giro per l’Italia solo dal 2011 al 2014 (work in progress per il 2015): migliaia di chilometri in totale e appassionato autofinanziamento, centinaia di pagine di rassegna stampa e di passaggi televisivi e radiofonici, articoli sui maggiori quotidiani nazionali e non (da The Guardian a BBC History) per non citare ricerche, pubblicazioni, comunicati, piazze, interventi (dalle università agli stadi) e tutto quello che ci accompagna dal 1993 quotidianamente e non “solo una volta all’anno”. E qualcuno, magari (anche con entusiasmo ed in buona fede), ha scoperto da qualche mese il “17 marzo”. E qualcuno si chiede ancora com’è che in pochi anni sia cambiato il senso comune intorno alla storia dei Borbone e del Sud, com’è che sia cresciuto tanto orgoglio dalle nostre parti e se si tratti o meno di un miracolo improvviso: qualcuno dovrebbe chiederlo ai motori delle nostre auto e, forse, anche ai nostri portafogli sempre più vuoti di monete, ma sempre più pieni di bigliettini da visita di persone che vogliono entrare nel Movimento Neoborbonico.

Questo sono i Neoborbonici e se qualcuno vuole venire a darci una mano e a completare l’elenco di quelle città “conquistate” lo aspettiamo, come facciamo da 22 anni, a braccia borbonicamente aperte (info@neoborbonici.it o comitato@legittimisti.it per ricevere info gratuite via mail).
Le nostre tappe (qualcuna ripetuta) (2011-2014): Napoli, Bari, Agrigento, Gioia Sannitica, Boville, Telese, Torremaggiore, Sorrento, Ischia, Scafati, Santa Maria Capua Vetere, Lenola, Centurano, Itri, Casalnuovo, Torre del Greco, Locri, Lauro, Lucera, Santeramo in Colle, Boscoreale, Celenza Valfortore, Nola, Montefusco, Civitella, Contursi, Monte S. Giovanni, Orta Nova, Acerra, Adelfia, Apice, Carditello, Palermo, Montecorvino Rovella, Pomigliano, Boscotrecase, Carapelle, Roseto Valforte, San Gregorio Matese, Castel del Monte, Alberona, Castelluccio, Castel di Sangro, Giffoni, Campo di Giove, Biccari, Maiori, Rofrano, Lauria, Moiano, Gioia dei Marsi, Calvi, Solopaca, Cimitile, Apricena, Piedimonte, Roma, Noci, San Severo, Foggia, Tramonti, Orta, Tagliacozzo, Terzigno, Frattaminore, Troja, Maiori, Latina, Napoli, Foggia, Torino, Biccari, Striano, Pompei, Latina, Poggiomarino, Nola, Gaeta, Perugia, Castellammare, Castelforte, Vieste, Napoli, Portici, Modena, Telese, San Nicola, Sorrento, Vibo, Napoli, Casalduni, Napoli, Piedimonte, Motta, Troja, Cercola, Prata, Napoli, Boscoreale, Pagani, Cava, Santi Cosma e Damiano, San Giovanni in Galdo, Sorrento, Giojosa, Solofra, San Giorgio a Cremano, Poggiomarino, Pompei, Baia, Napoli, Benevento, Piedimonte, Cava, Piano, Gaeta, Cassino, Poggiomarino, Mattinata, Reggio, Napoli, Bari, Caserta, Lamezia, Gorizia, Napoli, Grumenta, Torre del Greco, Troja, Biccari, Giojosa, Montalto, Pizzo, Orta, Napoli, Lauria, San Giorgio a Cremano, Pompei, San Severo, Frascati, Bari, Gaeta, San Giorgio, Lucera, Zafferana, Soverato, Napoli, Cassino, Calvizzano, Ciorlano, San Giorgio, Adelfia, Villaricca, Napoli, Sorrento, Pozzuoli, San Nicola La Strada, Latronico, Lauria, Campo di Giove, Caserta, Ischia, Torremaggiore, Eboli, Nola, Napoli…

 

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