Che cos’è il principio di sussidiarietà

Lo Stato non deve sostituire e non può espropriare dei loro diritti la famiglia, le comunità naturali e le associazioni che nascono dalla libera attività dell’uomo.
Così si può sintetizzare il principio di sussidiarietà, alternativa cattolica all’oppressione dello statalismo e all’isolamento individualistico del liberalismo e uno dei principi fondamentali della dottrina sociale cattolica.
Per gli incontri tematici di “A scuola di politica”, il seminario di formazione 2023-2024 della Fondazione Il Giglio, parlerà del principio di sussidiarietà il prof. Átila Amaral Brilhante, docente all’Università Federale del Cearà.
All’incontro si potrà partecipare online, sulla piattaforma Zoom, e in presenza, nella sede della Fondazione Il Giglio (Via Crispi, 36A – Napoli).
Giovedì mattina, tutti coloro che sono già iscritti al Seminario “A scuola di politica” e coloro che si iscriveranno in questa occasione riceveranno il link per partecipare all’incontro online.
Se non lo sei già, iscriviti ora compilando il modulo, oppure, inquadra il QR Code.

 

 

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Le Pasque Veronesi

La proiezione di Cerea, nella bassa veronese, in programma alle ore 21 di venerdì 1° dicembre 2023, presso l’area EXP (in Via Guglielmo Oberdan 10, a Cerea) sarà preceduta da alcuni spari a salve effettuati sul piazzale antistante da militi storici nelle uniformi veronesi e veneziane di fine ‘700 (Guardia Nobile di Verona, Schiavoni e Dragoni) e da una breve presentazione, oltre che dal saluto dell’amministrazione comunale, che ha patrocinato e contribuito all’iniziativa.

Girato fra Verona, Pescantina, Orgiano e diverse altre località del Veneto; doppiato dalla Beep Studios di Roma del compianto Giorgio Lopez; sottotitolato in inglese (oltre che in italiano, per i non udenti); il film è stato realizzato col contributo del Ministero della Cultura (allora dei Beni Culturali, bandi della rievocazione storica), della Regione del Veneto, del Comune di Verona e di Oppeano, oltre che di altri enti non territoriali. Si è avvalso dell’apporto delle Compagnie teatrali veronesi e dei gruppi di rievocazione storica francesi, austriaci e veneziani, con repliche di armi bianche e ad avancarica (moschetti e cannoni) in tutto simili a quelli del 1797.

Il docufilm, che lo scorso 5 settembre è stato presentato al Lido di Venezia, in occasione dell’80ma Mostra Internazionale di Arte Cinematografica, ripercorre la complessa vicenda delle Pasque Veronesi (17-25 aprile 1797, alla vigilia del crollo e della cancellazione della Repubblica di Venezia) che furono la più grande insurrezione dell’Italia centro-settentrionale contro Bonaparte e contro i rivoluzionari francesi. I quali patirono anche una cocente umiliazione e una sconfitta militare, tanto che dovettero arrendersi ai veronesi la sera del 17 aprile 1797. Ripercorre poi le congiure giacobine, i tradimenti, la fuga dei Rappresentanti Veneti da Verona, gli atti di eroismo e di santità, la capitolazione finale di Verona, assediata da 15mila soldati francesi provenienti da tutto il Nord Italia. E ancora i processi, le fucilazioni, le vendette, fino alla prima e trionfale restaurazione austriaca del gennaio del 1798.

Saranno disponibili in sala i DVD del film, bandiere Contarine e altro materiale storico-identitario, esposto su appositi banchetti. L’ingresso è gratuito.

Un cordiale saluto,

per il Comitato per la celebrazione delle Pasque Veronesi

Il Segretario  Maurizio-G. Ruggiero   347/3603084

 

 

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Istituto Cervantes di Napoli – Lingua Napoletana e Lingua Spagnola

 

INGRESSO GRAUTITO

All’Istituto Cervantes, Ente spagnolo di cultura iberica,

giovedì 30-11-2023, dalle ore 17.00, si terrà un seminario intitolato:

“Yo hablo napolitano, I’ parlo ‘o spagnuolo”.

Per esserci però, è necessaria la prenotazione inviando un’email a:

svitiello@cervantes.es
ext-giulia.errico@cervantes.es

 

 

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Libri dal SUD

 

 

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Messina – Ritorna la Festa dell’Immacolata

 

MESSINA – RITORNA LA FESTA DELL’IMMACOLATA

I Frati Minori Conventuali di Messina, guidati dal Padre Guardiano fra Massimiliano Di Pasquale, hanno stilato per quest’anno un ricco programma religioso e culturale per festeggiare degnamente la Vergine Immacolata nello storico Santuario di Viale Boccetta.

Quest’anno le manifestazioni avranno il patrocinio gratuito del Comune di Messina e la collaborazione del Conservatorio di Musica “Arcangelo Corelli. Come sempre, culmine del programma sarà la giornata dell’8 Dicembre con la storica processione pomeridiana per le vie del centro storico di Messina dell’antico simulacro argenteo della Vergine Immacolata che raggiungerà piazza Duomo. Il ricco programma inizia Mercoledi 29 Novembre con la tradizionale novena con inizio alle 17.15 con la recita del Rosario e dello Stellario dell’Immacolata. A seguire alle 18.00 S. Messa e canto del Tota Pulchra. La novena sarà predicata dal francescano convntuale fra Felice Fiasconaro e si concluderà Giovedi 7 Dicembre. L’8 dicembre la Messa Solenne delle 10.00 sarà presieduta dall’Arcivescovo Mons. Giovanni Accolla alla presenza delle autorità cittadine. Alle 16.00 partirà dal Santuario del Boccetta la processione cittadina della Vergine Immacolata. Il corteo religioso toccherà le vie SS. Crispino e Crispiniano, Gagini, San Giovanni di Malta, Mons. D’Arrigo, XXIV Maggio. Dinnanzi al Monastero di Montevergine ci sarà una sosta con l’omaggio delle Clarisse. La processione proseguirà sulla XXIV Maggio fino a scendere a Piazza Duomo da Via Oratorio San Francesco. Sosta dinnanzi alla Basilica Cattedrale con omaggio del Delegato Arcivescovile Mons. Giuseppe La Speme. L’antico simulacro farà quindi ritorno al Santuario di San Francesco all’Immacolata dopo aver percorso le vie Cavour, Garibaldi, Fata Morgana, Mons. D’Arrigo, San Giovanni di Malta e Fratelli Bandiera. Al rientro in Santuario solenne accoglienza e Santa Messa.

Per arricchire il programma i Frati Minori Conventuali, in collaborazione con la Confraternita Maria SS. della Luce, la Milizia dell’Immacolata, il Terz’Ordine Francescano, il Gruppo Scout Agesci Messina 1 “Immacolata” e il Gruppo Scout MASCI Messina 3, hanno promosso anche altre iniziative di carattere religioso e culturale. Domenica 3 Dicembre alle ore 19.00 verrà inaugurata la mostra “Il Tesoro dell’Immacolata”, in esposizione fino all’8 Dicembre una selezione di antichi ed inediti argenti liturgici del Santuario a cura dello storico dell’arte prof. Marco Grassi. Mercoledì 6 Dicembre alle 19.30 concerto “Note per Maria”, esibizione del Zancle Flute Ensemble offerta dal Conservatorio di musica “Arcangelo Corelli”. Interverranno i musicisti: Cristina Oliveri, Debora Palmeri, Mara Caliò e Costanza Ferlazzo che eseguiranno brani di Tchaikovsky, Bizet e Brahms. La devozione all’Immacolata Concezione di Maria è molta diffusa in tutto il Meridione d’Italia ed in particolare in Sicilia. Un culto fortemente radicato già molti secoli prima della definizione del suo Dogma, avvenuta l’8 Dicembre del 1854 per mano di papa Pio IX. L’Immacolata Concezione di Maria è stata da sempre sostenuta dalle famiglie francescane ed in particolare dai Frati Minori Conventuali. A conferma di questa diffusione della sua devozione ogni singolo centro della Sicilia custodisce almeno un quadro o un simulacro che viene condotto in processione l’8 Dicembre con il massimo degli onori. Elevata a Patrona di Sicilia, ed un tempo già del Regno delle Due Sicilie, l’Immacolata diventa soggetto di tante immagini devozionali che vengono stampate già a partire dal XVII secolo dai tipografi siciliani. A Messina il culto alla Vergine Immacolata è molto sentito ed antico in quanto fin dal 1647 il Senato di Messina volle nominarla Patrona Particolare della Città. Segno tangibile di questo forte legame devozionale è la venerata statua custodita proprio nel Santuario di Boccetta. Il simulacro fu realizzato in legno da ignoto scultore alla fine del seicento e rivestito da ricca ed elaborata lamina d’argento nel 1743, in occasione della conclusione di una terribile epidemia di peste. L’interessante opera di arte e fede rimase incolume nell’incendio del 1884, nel terremoto del 1908 e dai bombardamenti del 1943.

 

 

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Manuale di Storia delle Due Sicilie

Autori Vari

Manuale di Storia delle Due Sicilie

prima edizione 2023, pagine 152, immagini a colori, € 16,00 (sconto Soci 30%)

Il manuale che non c’era, ora c’è!

Nell’ampia produzione della nuova storiografia sul Regno delle Due Sicilie e sull’unificazione dell’Italia mancava un’opera a carattere sistematico sul Regno dei Borbone.

Studiosi, studenti e appassionati di Storia chiedevano da tempo un manuale che comprendesse il periodo tra re Carlo di Borbone e re Francesco II.

L’Editoriale Il Giglio ha voluto rispondere alle richieste con questo Manuale di Storia delle Due Sicilie, al quale hanno contribuito docenti universitari e studiosi di diversa formazione.

Si tratta di un lavoro a più mani, per una storia del periodo borbonico che fuoriesca dagli schemi ideologici, risorgimentalisti o marxisti, e dai luoghi comuni della divulgazione grazie all’impegno di storici “di professione” e di studiosi di estrazione non accademica.

I cinque capitoli nei quali si divide – uno per ciascuno dei Re delle Due Sicilie – sono integrati da schede monografiche, ricche di dati, fatti e personaggi significativi del Regno. Un’ampia bibliografia completa l’opera.

Il Manuale è adatto anche ad essere proposto agli studenti delle Scuole Secondarie, sia inferiori che superiori, come guida per ricerche ed approfondimenti.

Approfondire la nostra storia, recuperandone le verità, è appunto lo scopo di questo libro.

Gli Autori

Miguel Ayuso, Universidad Comillas, Madrid
Gianandrea de Antonellis, Universitas Mercatorum, Roma
Elena Bianchini Braglia, presidente del Centro studi sul Risorgimento e gli Stati preunitari, Modena
Gennaro De Crescenzo, docente Scuola Superiore di secondo grado, Napoli
Salvatore Lanza, dottore in Conservazione dei Beni culturali, Napoli
Lucio Militano, ingegnere navale, Rimini
Adriano Nardi, già docente Università Federico II, Napoli
Luciano Rotolo, presidente della Fondazione Francesco II delle Due Sicilie
Carmela Maria Spadaro, Università Federico II, Napoli
Guido Vignelli, studioso delle Dottrine politiche, Roma

Il brano scelto

Francesco II incarnò perfettamente la concezione della sovranità che i Borbone rappresentarono in quanto legittimi sovrani di un Regno che, fin dalle sue origini normanne, identificava nel Re non il padrone, ma l’amministratore per mandato divino, cui era stato affidato da Dio il compito di amministrare la giustizia e custodire nella pace i popoli.

Il giovane Sovrano borbonico difficilmente usa la parola sudditi, preferendo piuttosto l’espressione “i popoli miei”, oppure “i popoli che Dio mi ha affidato”, e ciò è un indice rivelatore assai significativo delle caratteristiche con le quali il Regnum Siciliae era nato in età normanna e che i successori legittimi rispettarono ed esaltarono, riconoscendone il valore identitario.

Il modello di sovranità che specialmente per Francesco II fu punto di riferimento imprescindibile è quello rappresentato dall’icona collocata nella chiesa della Martorana a Palermo, in cui è raffigurato Ruggero II, fondatore e primo sovrano del Regno, mentre viene incoronato re di Sicilia direttamente da Cristo.

Il sovrano è delegato da Dio per governare i popoli con buone leggi. Il potere non gli è conferito dal Pontefice, né dall’Imperatore, ma ha immediata derivazione divina, perciò il Regno non riconosce altra autorità superiore se non Dio stesso, al quale soltanto è chiamato a rispondere, conformandosi attraverso la condotta dei suoi sovrani ai princìpi evangelici, a cui le leggi devono ispirarsi.

 

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Garibaldi…..ma quale “eroe”!

Partendo dal presupposto che quel malinteso storico, chiamato Risorgimento, sia stato artificiosamente apologizzato a “beneficio” dei posteri, ne consegue che lo siano stati anche i suoi protagonisti, il più famoso dei quali è Giuseppe Garibaldi, di cui da poco si è celebrato il 140° anniversario della morte.

Per tale motivo, il titolo del libro è: Garibaldi… ma quale eroe!
Il testo, smontando tutta la mielosa oleografia in cui è stata sempre avvolta la sua figura e rivelandone tutte le pecche, svelandone tutti gli altarini, intende far conoscere al lettore chi effettivamente era quell’ “eroe” che, da oltre centotrent’anni, in numerose piazze d’Italia, ci guarda beffardo dai suoi piedistalli massonici.
Ovviamente, ogni citazione, ogni riferimento, ogni situazione riportata nel testo è categoricamente suffragata da materiale di prima mano reperito su testi dell’epoca ed in numerosi documenti di archivio visionati in Italia ed all’estero.

La trattazione è stata così suddivisa:

1 – Vox populi, vox dei: Analizzando diverse locuzioni proverbiali napoletane in cui compare il nome Giuseppe (più o meno esplicitamente collegato ad episodi della vita di Garibaldi) emerge che esso è quello più bersagliato dall’arguta ironia del popolo che, quindi, contrariamente a quanto si afferma, non deve averlo stimato molto…
2 – Mens sana in corpore sano: L’iconografia tradizionale risorgimentale e l’enfasi con cui vengono narrate le sue “imprese” ce lo hanno sempre fatto immaginare come una sorta di Superman, di Nembo Kid. Approfondendo meglio, però, diversi episodi e avvenimenti della sua vita, si deduce che – sicuramente – non aveva quel phisique (e, soprattutto, quell’esprit) du role…

3 – Tu vuò fa’ l’americano: Eroe dei Due Mondi… Combattente per la libertà delle popolazioni del Sudamerica…. e, intanto, massacri…. devastazioni… rapine… Sempre al servizio di Sua Maestà Britannica, naturalmente…

4 – Capitan Sfracassa: Anche quando in battaglia le prendeva di santa ragione, per la storiografia ufficiale, Garibaldi vinceva sempre e comunque. Successe in Sud-America, a Mentana, a Monterotondo, a Bezzecca. Eppure si legge ancora che, addirittura, respingesse i proiettili con la spada, proprio come Goemon, il popolare manga giapponese… Analizzando bene le cose, però…

5 – L’amore è eterno finché dura: Si è sempre letto che Anita Garibaldi sia morta a causa di febbre malarica. Falso! Sul suo cadavere, malamente e frettolosamente sotterrato, trovato poi per caso da una pastorella, c’erano evidenti tracce di strangolamento. Si dice che sia deceduta in casa di Stefano Ravaglia che, in un primo momento, fu anche accusato dell’omicidio. Falso! In quella casa Anita entrò già morta. Erano in due con lei nella fuga: il Maggiore “Leggero” e Garibaldi stesso. Chi l’ha strangolata e perché? Come nei migliori romanzi gialli, lo si scoprirà alla fine del capitolo…

6 – Onorevole!? …Ma mi faccia il piacere! – Garibaldi fu eletto al Parlamento in cinque legislature ed in diversi collegi della penisola, ma quasi sempre grazie ai resti, senza ottenere mai schiaccianti voti di preferenza. Alla camera, quando parlava dal suo scranno suscitava spesso l’ilarità dei suoi colleghi e, a volte, era addirittura patetico. Improvvisava ed i suoi discorsi non toccavano mai il nocciolo della questione; la politica, insomma, non era proprio il suo forte… Anzi!

7 – La voce del padrone – Per tutta la sua vita, Garibaldi fu al servizio della Massoneria e dell’Inghilterra. Da qui prendeva ordini; era da qui che venivano mossi fili, del burattino in… camicia rossa. Il culmine di questo infinito vassallaggio lo si riscontrerà nel 1864, nel suo “trionfale” viaggio a Londra…

8 – …ed io pago! – Questa parte conclusiva analizza le “iniziative” finanziarie avviate da Garibaldi da quando, nel 1860, giocava a fare il dittatore, e reiterate per anni, anche dopo la sua morte, dai suoi eredi. Una vera e propria “cascata di diamanti” che impoverì i molti ed arricchì i pochi. Oltre al denaro trafugato in Sicilia ed in tutto il Sud, egli cercò di spillarne altro, inventandosi piani regolatori per Roma, cercando di vendere allo Stato il granito di Caprera e chiedendo finanziamenti alle banche (quelle del Sud, naturalmente) per coprire le spese avventate del figlio maggiore…

9 – Buon sangue non mente! Ancora oggi, il nome di Garibaldi è attuale, ovvero …e la storia continua diventando cronaca, anche giudiziaria. Ciò nonostante, si cerca di mantenere vivo, a tutti i costi, l’inossidabilità del suo mito.

Erminio de Biase

 

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Natale a Faicchio

È con grande entusiasmo che Faicchio si prepara a trasformarsi in un incantevole regno di festività e tradizione con l’arrivo dell’evento “Aspettando il Natale al borgo – Mercatini dell’artigianato e dei prodotti tipici”.

Nell’ultimo weekend di novembre, piazza Roma sarà trasformata in un luogo incantevole e vibrante, pronto ad accogliere tutti gli amanti dello shopping, del gusto e della tradizione. L’evento, organizzato dalla Proloco Casali di Faicchio APS con la collaborazione dell’associazione Arti Mestieri
Tradizioni Folclore, offrirà un’esperienza unica e coinvolgente per tutta la comunità.

Sabato 25 novembre dalle ore 18.00 fino a tarda sera e domenica 26 novembre dalle ore 10.00 per l’intera giornata fino a tarda sera, i visitatori, con ingresso gratuito, avranno l’opportunità di immergersi in un ambiente festoso e vivace, ricco di bancarelle colorate e prodotti unici. Dagli articoli artigianali alle prelibatezze gastronomiche locali, ci sarà qualcosa di speciale per ogni gusto e interesse.

L’evento sarà una celebrazione della creatività e della tradizione locale, con artigiani e produttori provenienti da tutta la regione pronti a mostrare il meglio dei loro prodotti. I visitatori potranno trovare regali unici per le festività imminenti o semplicemente concedersi una giornata di piacevole shopping.

Inoltre, l’atmosfera festosa sarà accompagnata da intrattenimento dal vivo, musica e attività per tutta la famiglia. Sarà un’occasione perfetta per socializzare, gustare prelibatezze culinarie e respirare l’aria della stagione delle festività imminenti.

L’evento rappresenta un assaggio di quel che sarà “Natale al borgo – tra gusti e tradizioni” di fine dicembre con la promozione dell’artigianato tradizionale e la possibilità di far vivere un’esperienza indimenticabile per tutti.

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Pinocchio e la lingua napoletana

Venerdì 24 novembre, ore 18.00, a Palazzo Venezia a Spaccanapoli, presentazione del nuovo libro di Davide Brandi: Pinocchio a llengua napulitana”.

 

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Prontuario anti-cazzulliano da usare in caso di emergenza

Prontuario anti-cazzulliano da usare in caso di emergenza.

 

UN BREVE SAGGIO (GRATUITO) CONTRO CAZZULLO DOPO LA (SOLITA) TRASMISSIONE SU GARIBALDI (E CONTRO I NEOBORBONICI).
Caro Aldo, sono sorpreso anche io ma confermi la mia tesi sulla tua sostanziale “ossessione neoborbonica” (non riesci a non parlare dei neoborbonici ogni 10/15 giorni nonostante guerre e flagelli planetari ancora in corso) e sono costretto ancora a scriverti e a scrivere a giornali e TV che ti ospitano (La7 in testa dopo lo speciale dell’altra sera su Garibaldi). Sul Corriere rispondi al (solito) lettore che attacca i neoborbonici e devo rispondere in maniera purtroppo articolata a 2 ore di trasmissione e a diversi tuoi articoli.

PREMESSE

Due premesse. La prima è un grandissimo GRAZIE perché tutto sommato fai una grande pubblicità a noi e alle nostre tesi e riconosci la “CLAMOROSA VITTORIA DEL MITO NEOBORBONICO” (titolo del tuo articolo) che “in rete ormai trionfa incontrastato” ed è “uno straordinario successo ideologico”.
Sorvoliamo sul fatto che ti lasci andare ad un paragone un tantino azzardato mettendo sullo stesso piano noi e… la dittatura delle Filippine (!) con la sua cancellazione del passato, come se fossimo anche noi dei dittatori al governo. Del resto fai lo stesso errore da tempo anche con leghisti/nordisti (al governo locale e nazionale da decenni) messi sullo stesso piano dei neoborbonici (ricercatori e divulgatori volontari, appassionati, autofinanziati e mai al governo).
Seconda premessa (triste): se per te “parlare con un neoborbonico è inutile”, per noi ormai, forse, parlare con Cazzullo “è inutile”, se dopo 100 repliche e 100 pubblicazioni continui a ripetere sempre le stesse cose e anche dopo una (bella) intervista che mi facesti per la TV del Corriere anni fa.

TESI, RISPOSTE E FONTI

Ti sintetizzo qualche risposta e… altro che “giganteschi falsi storici”. Qui di gigantesco e vecchio ci sono solo i falsi storici risorgimentalisti raccontati per giunta nelle scuole di ogni ordine e grado dal 1860 ad oggi per giunta in una sorta di monopolio culturale.

1) I MILLE NON ERANO MILLE

“Un esercito di migliaia di soldati che viene sconfitto da mille straccioni”.
Sono documentati gli episodi di corruzione di alcuni generali e tu stesso citi, solo di sfuggita (per non sminuire gli eroismi garibaldini) il generale Landi a La7 come se fosse un fatto secondario la corruzione operata da garibaldini-sabaudi con diversi milioni di euro attuali e magari condanni i corrotti e non i corruttori che, di fatto, smentiscono le leggende risorgimentali.
I famosi mille, poi, diventarono oltre quarantamila dopo poche settimane, tra migliaia di volontari del Nord e soldati sabaudi disertori o congedati e imbarcati su tante navi, come evidenziato chiaramente in diverse pubblicazioni del tempo (su tutti l’opuscolo recentemente ripubblicato “Le spedizioni di volontari per Garibaldi”) e appena il 9% di meridionali. E si trattava in gran parte di siciliani definiti “la parte peggiore della società siciliana” anche da accademici illustri e tu stesso, a La7, parli misteriosamente di “sgherri” senza parlare mai, però, di mafie e camorre in quel patto scellerato con garibaldini e governi italiani spesso drammaticamente attuale ed evidenziato anch’esso da diversi accademici (su tutti Sales, Benigno o Fiore).

2) I FALSI MOTI LIBERTARI

“Gli aneliti di libertà siciliani e meridionali del 1848”.
Si trattava di moti etero-diretti di matrice inglese, come evidenziato anche da diversi accademici (su tutti Eugenio Di Rienzo, “Il regno delle Due Sicilie e le potenze straniere”) o dallo stesso Croce che arrivò a ringraziare i Borbone per “aver conservato la Sicilia all’Italia riconquistandola da solo e deludendo le mire inglesi” (“Storia del regno di Napoli”). Altro che interessi “legati al vino a Marsala” e casualità varie citate a La7…
Tra l’altro non risulta dai tuoi articoli la reazione siciliana anti-italiana concretizzata nei massacri compiuti dall’esercito sabaudo a Castellammare del Golfo (con l’assassinio anche di una bambina) o durante la clamorosa rivolta del “sette e mezzo” nel 1866 o nella stessa Bronte (altro che “pagina controversa”).
Del resto gli anti-borbonici siciliani e napoletani, in testa i famosi esuli in Piemonte (non più di cento!), erano una esigua minoranza visto che (come gridava in Parlamento il deputato lombardo Ferrari) “il popolo aveva sempre difeso i Borbone durante tutti i moti dal 1799 al 1848 fino al 1860”.

3) GARIBALDI NON ERA POVERO

“Garibaldi si ritirò a a Caprera, povero, con un sacchetto di merluzzi e legumi essiccati”. Al di là della noia per questa immagine trita e ritrita, il nostro eroe, tra doni nazionali e pensioni, era proprietario di un’intera isola (con annessa azienda, decine di dipendenti e centinaia di capi di bestiame) e poteva gestire ogni giorno circa 300 lire. Per non dire del prestito di 200.000 lire richiesto dal figlio Menotti al Banco di Napoli, garantito dal papà e mai restituito (su richiesta finale dello stesso padre, come risulta dall’Archivio del Banco di Napoli).

4) I SOLDATI NAPOLETANI MORTI FURONO MIGLIAIA

“I cadaveri a Fenestrelle furono solo 4”. Nessuno aveva il diritto di deportare anche solo un soldato a migliaia di chilometri da casa sua e solo perché non voleva rinnegare il giuramento fatto per la sua patria (napoletana) e il suo re (Francesco II e non “Franceschiello”, come più volte lo hai definito a La7). A Fenestrelle, negli altri “campi” e nelle altre prigioni del Nord morirono migliaia di soldati meridionali, come ha inoppugnabilmente e recentemente dimostrato un docente dell’Università di Padova (Giuseppe Gangemi, “In punta di baionetta”) dopo anni di ricerche archivistiche che partono proprio dalle (parziali, esigue, lacunose e contraddittorie) ricerche di Barbero. E furono tanti (troppi) i meridionali massacrati per oltre un decennio e definiti “briganti” solo per dimostrare la strana tesi della “guerra interna” nel Sud pur di fronte a oltre 120.000 soldati sabaudi da queste parti e pur di fronte alle ammissioni dello stesso piemontese D’Azeglio (nelle Due Sicilie “occorrono, e pare che non bastino, sessanta battaglioni… e non abbiamo diritto di sparare archibugiate su chi non ci vuole”).

5) I BORBONE NON ERANO STRANIERI

“I Borbone erano stranieri e non avevano una sola goccia di sangue siciliano e napoletano e <span;>non a caso appena ne avevano l’occasione lasciavano Napoli per salire sul trono di Spagna”.
Sorvoliamo su quella specie di “razzismo” implicito della tesi (per essere italiani ieri o oggi si fanno le analisi del sangue?) e restiamo davvero perplessi di fronte a (queste sì) “fandonie” vere: solo Carlo di Borbone andò in Spagna e dal 1759 al 1860 i Borbone, per 4 generazioni, nacquero, vissero e morirono a Napoli o in Sicilia e, a differenza magari dei padri della patria sabaudi, non parlavano il francese ma l’italiano e (spesso) il napoletano.

6) L’ORO E LE FERROVIE NON ERANO DEL RE

“L’oro dei banchi era del re e la ferrovia era un suo giocattolo”. Questa è un’altra (vera) fandonia. La prima ferrovia italiana fu utilizzata in meno di 20 anni da oltre 15 milioni di persone: altro che “giocattolo per andare da una reggia all’altra” (“Chemins de Fer de Naples à Nocère et à Castellammare, Procès-verbal de l’assemblèe gènèrale 1851-1855”).
In quanto ai soldi dei banchi del Sud attestati dal Nitti (ben 443 milioni di lire sui 668 complessivi di tutti i banchi italiani), si trattava di depositi bancari ovviamente di proprietà del re ma anche, ovviamente, di funzionari, commercianti, artigiani o professionisti, come dimostrano gli stessi dati relativi a PIL e redditi medi pari o superiori in molte regioni meridionali rispetto alle regioni settentrionali (come risulta da diversi e recenti studi accademici dei vari Daniele, Fenoaltea, De Matteo, Malanima, Tanzi, Collet o Davis).

7) NESSUNA SCELTA AL REFERENDUM

“Al referendum del 1946 i meridionali votarono per la monarchia”. Risposta banale: dopo circa 7 secoli di monarchia e senza avere la minima cognizione di quello che aveva fatto la dinastia sabauda e tra censure e punizioni varie (fucilazioni brigantesche e/o selezioni di classi dirigenti non asservite, come denunciò lo stesso Giovanni Gentile anni dopo e come risulta da controlli e licenziamenti tra i documenti dei fondi Questura presso l’Archivio di Stato di Napoli), quel risultato elettorale è chiaro (lo hai detto tu più volte, del resto, che i neoborbonici hanno cambiato la storia negli ultimi 30 anni).

8) NESSUNA CONSOLAZIONE MA SOLO VERITÀ

“Dare la colpa dei mali del Sud a Garibaldi è una bella favola consolatoria”.
Premesso che fu lo stesso Garibaldi, per certi aspetti, a rinnegare quanto aveva fatto al Sud (lettera ad Adelaide Cairoli: “non rifarei la stessa strada perché sarei preso a sassate”), questa della “consolazione” è la tesi delle tesi.
Se ammesso (e non concesso) che dare la colpa a Garibaldi per i guai del Sud è una “bella consolazione”, la tua tesi qual è? L’inferiorità dei meridionali di lombrosiana e piemontese memoria con gente naturalmente disposta a delinquere e incapace di risolvere i suoi problemi? Sarebbe una tesi in fondo inconfessabile e per tanti settentrionali leghisti o meno e per tanti meridionali ai quali le cose vanno bene così (magari dall’alto di cattedre universitarie o di scanni parlamentari), è una vera “tesi consolatoria”. E con questa tesi si dà la colpa ad un imtero popolo e non ad un sistema politico-culturale antico di 160 anni (se è vero com’è vero che la questione meridionale è ancora aperta e drammatica). Si dà la colpa a quei cattivoni dei meridionali incapaci e a quei cattivoni dei neoborbonici che raccontano storie diverse (e per fortuna sempre più seguite). Del resto nessuno ci ha mai spiegato come e perché solo da 160 anni i meridionali hanno o devono avere meno diritti del resto dei cittadini italiani visto che fino al 1860, solo per fare qualche esempio, non eravamo costretti ad emigrare o vantavamo primati come quelli relativi all’industrializzazione, alla vita media, alla longevità o al numero di medici ed ospedali (a meno che qualcuno non pensi davvero che i meridionali oggi hanno meno diritti perché meritano di avere meno diritti).

CONCLUSIONI

A pensarci bene, però, ti invito, infine, a continuare così: un secolo e mezzo di libri o trasmissioni come quella su La7, con favolette belle ma palesemente esagerate, tripudi di bandiere, cimeli garibaldini, camicie rosse, inni commossi e parole cariche di retorica con i vivagaribaldi finali e quella “tomba ignuda che mostravi di lontano”, hanno portato la gente, molta gente, a farsi sempre più domande e, nonostante un monopolio culturale di oltre un secolo e mezzo, a decretare il “grandioso successo neoborbonico” del quale parli anche tu così spesso.

Saluti cortesi
Prof. Gennaro De Crescenzo

PS
A tua disposizione per un eventuale e democraticissimo dibattito, fonti e documenti alla mano, come, quando e dove vuoi (hai il mio numero di telefono da quando mi facesti una -bella- intervista per la TV del Corriere).

 

 

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