Piagnistei Meridionali

di Antonio Pulcrano

Il più becero dei luoghi comuni antimeridionali: Sua Maestà il Lamento! Basta dare uno sguardo alla Storia, quella vera, o all’andamento socio-economico della varie zone d’Italia per capire certe cose, ma bisogna affrontarle con onestà, altrimenti si rischia di fare come una tale Maria Antonietta che invitava a mangiare brioche a chi si lamentava di non aver pane. Solo che a farlo era proprio la parte migliore della società, quella stessa che qualche tempo dopo fece qualcosa che ancor oggi si chiama Rivoluzione e, la Signora, per non aver avuto un minimo di lungimiranza, perse la testa…

Le Regioni meridionali hanno impiegato oltre 80 anni per divenire più povere di quelle del Nord, e solo le devastazioni della 2° Guerra Mondiale hanno completato l’opera iniziata dai Savoia, all’indomani dell’occupazione del Sud.

Nel 1861, ad “unità” avvenuta, le sette Regioni del Regno (Campania, Puglia, Abruzzo e Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia) erano di gran lunga più ricche degli staterelli del Centro-Nord e tale supremazia, sociale ed economica, nonostante una sistematica spoliazione e una emigrazione forzosa, è durata fino alla seconda metà degli anni ’40, allorquando, con intere città rase al suolo, senza adeguati aiuti finanziari, si dovette soccombere definitivamente.

I fondi del poderoso Piano Marshall, infatti, andarono quasi tutti al Nord, a dimostrazione di una sperequazione che dura da sempre. Il 21% di tutta la cifra stanziata per l’Italia (ben 10 miliardi di euro attuali – una cifra ingentissima per l’epoca), fu assegnato alla sola Lombardia, mentre l’Emilia Romagna ottenne il 17,8%, il Lazio il 15,7%, il Veneto l’11,8%, il Piemonte il 10,3%, a fronte di un misero 3,2% alla Campania e di un miserrimo 0,2% (praticamente nulla) alla Calabria.

“Nella ripartizione geografica dei prestiti (per il 90% a fondo perduto), delle sedici regioni allora esistenti, le nove del Centro-Nord beneficiarono della quasi totalità, lasciando alle altre sette regioni del Sud, l’equivalente di un decimo”. (Scrive BBC History, che fornisce anche i dati). Alla faccia dell’unità della nazione! Napoli fu, durante la 2° Guerra Mondiale, la città più bombardata e distrutta d’Europa, al di fuori delle città tedesche. Il Sud era semplicemente raso al suolo, tutto, poiché gli alleati, per preparare i vari sbarchi, azzerarono con le bombe ogni porto, aeroporto, struttura militare od opificio industriale e la quasi totalità delle abitazioni civili. Addirittura ci si aspettava, come poi avvenne, la sollevazione della popolazione contro i tedeschi a seguito della insopportabilità di tali devastazioni aeree (sic!). Eppure, mamma Italia, nordcentrica come sempre, alla fine della guerra, diede tutto il possibile alle altre regioni, “dimenticandosi” del Sud. Fu il tracollo totale. I nostri padri, senza aiuti né prebende, dovettero faticosamente ricostruire una Nazione, la nostra, ottenendo e realizzando quel che potettero, considerando le scarse risorse disponibili.

Ecco, chi blatera di piagnistei, se conoscesse magari anche sommariamente la Storia, farebbe bene a zittirsi. Forse perderemmo meno facilmente la pazienza, ora che abbiamo realizzato certe Verità. La faccenda dell’Antonietta potrebbe ripetersi, se il popolo affamato si stufa sul serio!

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Pino Aprile in TV

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Nella puntata di Nemo, su Rai Due, del 26 ottobre 2017 Pino Aprile, in appena tre minuti, ha fatto una sintesi magistrale del passato, del presente e del futuro della nostra amata Terra. Dalla sera stessa migliaia di persone hanno scaricato, copiato e girato dappertutto il video (ora bloccato da Youtube).

Davvero impressionanti i numeri e senza precedenti per occasioni simili: circa DUE MILIONI di persone hanno visto, condiviso, apprezzato l’intervento di Aprile. Saranno tutti voti alle prossime elezioni o si trasformeranno in euro e/o dollari? Niente di tutto questo. E’ solo l’ennesimo e importante segnale della bontà della strada “Memoria Orgoglio e Riscatto” intrapresa da Pino Aprile, dai gruppi Neoborbonici e da tanti altri gruppi “identitari” e “neomeridionalisti” in questi anni. Un successo oggettivo e inarrestabile che porta ormai milioni di persone (fenomeno davvero inedito dopo circa 150 anni) a informarsi e, magari, ad arrabbiarsi e a sentirsi più consapevoli e fiere e a ritrovare un senso di appartenenza nuovo e antico, con buona pace dei “nemici” di ieri e di oggi (quelli che non vogliono che il Sud cambi davvero per non compromettere ruoli e privilegi personali patteggiati con il sistema “Italiano” fin dal 1860) o di chi non ha la capacità e l’umiltà di riconoscere che il Sud sta cambiando (quelli degli slogan del tipo “a che servono i libri” o “il Sud non ha leader”…) o dei (“miopi o pentiti”?) responsabili di Nemo (poche migliaia in media le visualizzazioni dei loro video).

Gennaro De Crescenzo

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IN BREVE

Altro che Sud sprecone e Nord che con bizzarri referendum reclama autonomie regionali più marcate: la verità, dice Pino Aprile, è un’altra e non è certo quella che partiti come la Lega Nord propinano ai loro elettori da quasi 30 anni. Il giornalista e scrittore, a ‘Nemo’ su RaiDue, ha infatti subito smentito il luogo comune del “Sud che con gli sprechi ruba soldi al Nord”:

«Perché il derubato è sempre più ricco e il ladro sempre più povero?».

Pino Aprile spiega che l’unificazione dell’Italia fu una guerra non dichiarata ad un Sud più ricco (le prime fabbriche e le banche garantivano al Mezzogiorno il 67% della ricchezza totale del paese) e che lo Stato, oggi, a parità di popolazione, garantisce meno ammortizzatori sociali e meno investimenti rispetto al Nord. Il tutto si traduce in una disparità drammatica tra i servizi per i cittadini settentrionali e meridionali. Qualche esempio: treni che impiegano anche 14 ore in Sicilia, per coprire distanze quasi simili, al Nord riescono a compiere tragitti nel giro di un’ora. Senza contare che il costo di tali infrastrutture al Nord, decisamente superiore al bisogno effettivo dei pendolari, è stato gonfiato (l’alta velocità è costata sette volte più che in Francia).

Altri esempi decisamente significativi riguardano l’olio: l’attuale presidente del Veneto, Zaia, da ministro dell’Agricoltura riuscì a far sì che solo l’olio veneto potesse essere esportato all’estero, tagliando le gambe ai produttori delle altre regioni; analogo discorso per i vini tutelati, tutti del Nord. C’è stato poi un accordo con la Cina che prevede il commercio navale solo con i porti di Genova e Trieste, alla faccia di tutti i porti del Sud. Ma è forse l’ultimo esempio quello che fa capire meglio quanto il Sud sia considerato un’Italia di serie B: «Da Torino a Pechino correrà un treno ad alta velocità che congiungerà le due città in 26 ore, lo stesso tempo che oggi ci vuole da Torino a Agrigento».

La chiusura finale è l’aneddoto raccontato da una famiglia emigrata da quattro generazioni negli Stati Uniti, ma originaria del Beneventano: «Non potete sapere quanto sia ingiusto questo Paese».

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I Borbone e la Storia Negata

Su “BBC History”, mensile di Storia, in edicola in questi giorni col numero di Novembre, un ampio reportage su “I Borbone” e la loro Storia negata.

VENERDì I BORBONE

In questo numero, a testimonianza di come la storia del Regno di Napoli e delle Due Sicilie, specie sotto la dinastia Borbone, sia sempre più nell’interesse delle riviste storiche e dei più affermati studiosi, un servizio molto articolato a firma di Gianni Oliva, con tre “riquadri” monografici, rispettivamente su “La nascita dell’Archeologia”, “La Reggia di Caserta” e, molto significativamente, su “L’Industria nel Regno di Ferdinando II”, danno un quadro abbastanza esauriente, se non completamente esaustivo, di ciò che fu la dinastia Borbone a Napoli, della sua importanza in Europa, dei suoi primati, delle conquiste scientifiche e sociali che si raggiunsero in quegli anni, mai più ripetuti. Un periodo storico compreso tra il 1734 e il 1861.

Un periodo volutamente confinato dai vincitori negli oscuri meandri dell’oblìo, negato nell’apologia glorifica di un risorgimento che fu nefasto per quei territori che da allora assunsero la denominazione di “Meridione d’Italia”. Meridione di che??? Meridione di un corpo unico ed omogeneo, se lo fosse stata questa nazione costruita sulla menzogna. “Per centocinquant’anni, le vicende del Mezzogiorno borbonico sono state una ‘storia negata’, schiacciata e rimossa da quella del re italiano che unifica il Paese”, così scrive Oliva, mentre in realtà… “La loro – dei Borbone – volontà riformatrice è un filo conduttore che attraversa tutta l’epoca e che ispira molti interventi, dai commerci all’esercito, dall’arte alla cultura”.

Certo, non si tratta di un percorso lineare. Molteplici sono stati gli avvenimenti susseguitesi, in negativo e in positivo; del resto quale dinastia in Europa, negli scorsi secoli, non ha attraversato periodi di fulgore riformatore e momenti di buia reazione? Napoli, però, era assurta a faro guida tra tutte le altre nazioni e, …”L’ immagine ufficiale del Sud come territorio malgovernato da re inetti, con un’economia asfittica e con una società ignorante e semifeudale, non è figlio della storia, ma dell’autorappresentazione del Risorgimento”. Ecco, questo volevamo fosse scritto. Questo scriviamo da anni. Questo scrivono Autori che sono veri ricercatori, senza sovrastrutture ideologiche, in contrapposizione a personaggi ambigui, scrittori dell’occasione propizia, in malafede, negazionisti di maniera, tesi a salvaguardare spesso personali interessi o a giustificare l’arretratezza del Sud con cervellotiche motivazioni addirittura di derivazione neolombrosiane.

“Dagli all’Etna, il Vesuvio è con te!”, poveri presuntuoncelli da strapazzo. Qui è nata l’Archeologia, la Marina, la Cantieristica navale, la Ferrovia, la Siderurgica, le Strade Consolari, la Tecnica costruttiva e le migliori opere idrauliche. Qui è nata la Tessitura meccanica e sono stati iniziati i più innovativi sistemi delle realizzazioni in ferro; qui si sono avute le prime opere, in ogni campo, in Europa…poi, a qualcuno tutto ciò ha dato fastidio, bisognava impossessarsene e, allora, sono venuti a “liberarci”, decretando la nostra fine sociale e impedendo ogni ulteriore progresso. Quel popolo, che più di tutti, meritava la modernità, è ora nel fondo più nero, economicamente ben inteso, e ancora, sempre più, gli viene impedito di risollevarsi.

Nel 1761, con malcelato compiacimento, Ferdinando Galiani, il membro più giovane della Reale Accademia Ercolanense di Archeologia, scriveva: “…sono dolente e afflitto che mentre i regni di Napoli e della Sicilia stanno risorgendo nuovamente, il resto d’Italia va scomparendo giorno per giorno e declina visibilmente…”. Mah! La storia spesso è matrigna, o forse soltanto spettatrice e testimone; è però una verità da abbracciare, perché la Verità non si può misconoscere; occultare sì, asservirla a sé, forse, ma immutabile rimane, sempre.

Antonio Pulcrano

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Quei Soldati dimenticati di Mola e di Castellone

Antonio D'Elia Formia

Il prossimo 4 novembre ricorrerà il centocinquantasettesimo ricordo della Battaglia di Mola. Questa, combattuta da soldati piemontesi da un lato ed Esercito borbonico dall’altro, fu il preludio dell’Assedio di Gaeta che pose fine all’esistenza del Regno delle Due Sicilie, per fare spazio al nascente Regno d’Italia.
Senza entrare nei meandri del revisionismo storico, non possiamo che registrare la cruenta battaglia che vide impegnati i “Granatieri di Sardegna” e da mare la modesta flotta italica che bombardò Formia per quasi otto ore, “ lasciando la strada ingombra di cadaveri” secondo quanto scrive G. Oddo nel 1863.
Nel centocinquantesimo dell’unità d’Italia si provvide a bestemmiare, a mio avviso, verso quel ricordo dando medaglia e cittadinanza a quei soldati che invasero Formia costringendola a quell’orrore, senza menzionare chi difendeva legittimamente la sua casa, la sua Terra ed il suo Regno.
Fu poi posta una lapide a ricordo del soldato “Antonio d’Elia” dell’Armata di Mare delle Due Sicilie a Piazza Risorgimento. Secondo alcuni studi unico militare di Formia ad essere morto proprio nella Battaglia di Mola. La targa oggi è sparita e non ve ne sono tracce, avendo lasciato spazio a “monumenti” privi di storia e dignità.
Ma che colpa avevano quei formiani che da soldati hanno adempiuto al loro dovere, spesso fino all’estremo sacrificio? Perché i figli dei loro figli, non solo non li ricordano, ma celebrano i loro nemici?
In quell’Esercito militarono e morirono molti soldati di Formia. Vogliamo con questo articolo ricordarne alcuni che, grazie all’eroico sforzo di lavoro di ricercatori come il Dott. Luca Esposito di Napoli, oggi possiamo facilmente identificare e quindi ricordare.
Partiamo dalla rocambolesca storia di Girolamo Ciardi. Nacque a Mola di Gaeta il 30/10/1808, era capitano del I° Reggimento di Linea quando fu chiamato per la campagna militare del 1860. Il primo servizio lo svolge in Calabria, dove si sbandò. Pian piano riuscì a raggiungere il Volturno dove si ricostituisce il reggimento. A quel punto partecipa alla campagna militare in Molise, dove sfugge ai piemontesi al Macerone (CB), a differenza di buona parte del suo reggimento i cui militari finiscono come prigionieri. Lui riesce a raggiungere Gaeta con quel che rimane del reggimento. E’ presente alla difesa di Gaeta, passando a militare nel 4° Cacciatori.
Altri militari, Cannonieri e Marinai, di Formia che parteciparono all’Assedio di Gaeta erano: Erasmo Palmani, Erasmo d’Arco e Luigi Trani. Immaginiamo il loro sacrificio che, per difendere la Patria ed assolvere al loro dovere, dovevano difendersi da nemici assediati nella loro Formia.
Anche Castellone, chiaramente aveva i suoi ragazzi impegnati nelle operazione militari: Vincenzo Martino, del XV° di Linea e Francesco Marzullo del XIV° di Llinea. Su di loro si sa davvero poco, purtroppo.
Se questi sono i soldati di Formia impegnati nella difesa delle Due Sicilie, vogliamo ricordare invece quei ragazzi provenienti da altre regioni del Sud che morirono per difendere Mola nella battaglia del 4 novembre. E’ a loro che sarebbe dovuto andare il ricordo del 150° anniversario dell’Unità.
In quel giorno morirono molti soldati, i pochi che possiamo con certezza identificare sono: il Capitano svizzero Fevot, il Capitano Ferdinando De Filippis del X° Cacciatori, ferito a Formia, poi morto per le ferite a Gaeta ed il tenente Casimiro Brunner.
Scrivere di persone e storie mai ricordate da nessuno da una soddisfazione più grande di qualsiasi medaglia o onorificenza, dando sollievo alla memoria di ragazzi giovani e di buona volontà, dimenticati dalla italica memoria.
Daniele Iadicicco

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L’Orgoglio Meridionale

Orgoglio

Secondo un sondaggio della Demos pubblicato da Repubblica, oltre il 22% dei meridionali è fiero della sua appartenenza… meridionale (oltre ai tanti fieri delle loro città e delle loro regioni anche al Sud). UN RISULTATO IMPORTANTE se pensiamo che la percentuale è più alta di quella dei settentrionali fieri di esserlo (dopo decenni di un partito spesso al governo come la Lega Nord). UN RISULTATO IMPORTANTE se pensiamo che la percentuale è vicina a quella degli italiani fieri di appartenere all’Italia (dopo 150 anni). UN RISULTATO IMPORTANTE se pensiamo ai nostri (scarsissimi) mezzi e ai nostri (tanti e potenti) “avversari”. UN RISULTATO IMPORTANTE se pensiamo che pochi anni fa (prima della nascita dei Neoborbonici o del fenomeno-Terroni) quella percentuale era vicina allo zero.
Tutti pronti per l’autonomia o per un partito meridionalista, allora? Non proprio: è solo l’ennesima dimostrazione che stiamo lavorando bene al progetto “Memoria Orgoglio e Riscatto” e che, continuando a lavorare (autonomi, uniti o federati in macroregioni), i meridionali “consapevoli” diventeranno più di 1 su 4 e il Sud di domani, quello dei nostri giovani, sarà un Sud diverso e migliore! Andiamo avanti!

Gennaro De Crescenzo

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Il Calendario del Regno delle Due Sicilie 2018

Calendario

Anche quest’anno i compatrioti della “Bottega delle Due Sicilie” hanno realizzato un prestigioso calendario 2018, con in tema il nostro antico Regno.
L’almanacco 2018 raccoglie foto e notizie della Real Armata di Mare, la Marina Borbonica. Considerata la qualità del materiale riprodotto, l’impaginazione ed il tipo di carta utilizzato, il costo di 12 euro, più l’eventuale spedizione, è sicuramente simbolico.
In più, i compatrioti della Bottega delle Due Sicilie regalano, agli iscritti di questa Rete che acquistano il calendario, la Medaglia dell’Assedio di Gaeta tipo oro.
Regalatevi e regalate questo particolare Simbolo Identitario.
Chi è interessato può scrivere a: bottega2sicilie@libero.it
Oppure visita il sito: http://www.bottega2sicilie.net/
Oppure: 081 8861284 – 346 8536918 (Roberta)

Calendario.2

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Referendum e chiacchiere

Lino Patruno

Lino Patruno

Facciamo un po’ di ordine. Il referendum per il quale domenica hanno votato in Catalogna non c’entra nulla con quello sul quale voteranno Lombardia e Veneto il 22 ottobre. Nella regione spagnola chiedono l’indipendenza da Madrid, cioè formare un nuovo Stato. Da noi chiedono maggiore autonomia dallo Stato centrale, cioè tenersi i soldi delle loro tasse e decidere da sé cosa farne. Soprattutto, come graziosamente dicono loro, non darli al Sud. La differenza l’ha spiegata lo stesso Salvini, che un giorno si è riscoperto italiano dopo essere stato leader di quella Lega che voleva spaccare il Paese e fare della Padania un’altra Catalogna. Tanto che lo statuto della Lega parla ancòra di secessione. Memoria labile.

Del referendum consultivo del Lombardo-Veneto non è difficile prevedere il risultato. Probabile unanimità dei <sì>, avendo sempre colà raccontato di tutti i soldi che gli scippa il Sud, che poi li spreca. Fosse davvero così, poco da dire. Ma essi pagano più tasse perché esiste la logica: sono più ricchi (e più evasori pure). E in base al principio della progressività dell’imposta, i più ricchi devono pagare di più. Poi è lo Stato a ridistribuire in base all’altro principio non solo costituzionale ma elementare che regge ogni comunità. Se avessero ragione i ricchi, quelli di via Montenapoleone a Milano dovrebbero pretendere che quanto versano sia speso solo nella loro via e non, diciamo, alla più povera Comasina.

Che non sia più accettabile l’idea che il Nord sostenga totalmente il Sud (come dice il governatore pugliese Emiliano), si può pure condividere. Essenziale è capire cosa voglia dire <sostenere> e cosa <totalmente>. Se è vero che c’è un cosiddetto <residuo fiscale> che ogni anno scende da Nord a Sud, è vero che salirebbe da Sud a Nord nell’ipotesi opposta. Si calcola in 50 miliardi, dei quali si vede però solo il viaggio di andata. Essendo noto che ne tornano al Nord altrettanti (e forse anche con gli interessi) conteggiando soltanto quanto i meridionali spendono nell’acquisto di prodotti e servizi del Nord. E quante tasse le imprese settentrionali che lavorano e fanno profitti al Sud pagano al Nord dove hanno la sede legale.

Obiezione: sì, però lo Stato spende di più al Sud, non foss’altro che per rimediare al divario. Più falso della Fontana di Trevi venduta da Totò. E con buona pace di chi dovrebbe essere il primo a saperlo ma si è distratto un po’. Sono dati ufficiali dei conti pubblici territoriali. Nel 2015 la spesa è stata di 15.801 euro a testa per il Centro Nord, di 12.222 per il Sud. Ventitré per cento in meno, non spiccioli. Spesa corrente, quella per le politiche sociali: anzitutto la sanità. E sapendo che per questo al Sud i Lep (livelli essenziali di prestazioni) sono al di sotto del minimo per undici su dodici servizi pubblici comunali.

Dice: ma c’è la spesa in conto capitale, quella per investimenti. Tutti sanno che è maggiore al Sud. Meglio, a tutti si racconta la stessa chiacchiera di radio-mercato. Negli ultimi 40 anni, al Sud 430 miliardi di euro. Beh, una cifra. Peccato che al Centro Nord si sia speso quattro volte tanto. E nel 2016, 13 miliardi per il Sud su un totale di 60. Roba da ciuccarsi per la gioia. Ché se parliamo delle sole Ferrovie dello Stato, nel 2000-2014 meno di 50 euro pro-capite al Sud e 120 al Centro Nord. Ovvio allora che Matera sia l’unico capoluogo italiano senza stazione, non vorrà viziarsi solo perché è capitale europea della cultura.

Si potrebbe ancòra obiettare: va bene ma, Matera a parte, non è che il Sud possa lamentarsi, figuriamoci che ora ha anche l’autostrada Salerno-Reggio Calabria (53 anni di costruzione). Situazione autostrade, chilometri ogni cento chilometri quadrati di territorio: Centro Nord 25,1, Sud 17,1, Italia 21,1. Ferrovie (sempre ogni cento chilometri quadrati): Nord Ovest 7,2, Sud 4,7. Alta velocità ferroviaria: Napoli e Salerno uniche città del Sud. Treni per Roma da Firenze e Bologna: uno ogni venti-trenta minuti. Treni per Roma da Bari: sei ore fra uno e l’altro. Aeroporti: Centro Nord uno ogni 50 chilometri, Sud uno ogni 200 chilometri.

Ma vedrete che andrà tutto meglio ora che il Governo ha deciso ciò che doveva esserci da tempo: la spesa complessiva al Sud non deve mai essere inferiore al 34 per cento, quanta ne è la percentuale della popolazione in Italia. Magari di più, visto che c’è da coprire quel divario che a parole tutti giudicano scandaloso. Ma il Sud non si vuole allargare, anzi vuole anche scontare le sue colpe.

Ora un po’ di questa roba bisognerebbe conoscere quando si sente parlare di Sud che vive alle spalle altrui, che spreca, e che non stia solo a lamentarsi. Se si corrono i cento metri, si parta tutti dallo stesso punto, non che qualcuno fa la drittata di correrne ottanta. A quel punto, chissà, un referenduccio lo potrebbe proporre pure il Sud. Non ovviamente alla catalana.

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Memoria storica a Portici

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Convegno di numismatica e filateria a Napoli

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La Crociera della Musica e della Cultura Napoletana

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La musica, la storia e la cultura di Napoli in crociera grazie a MSC Crociere e a Scoop Travel dal 24 settembre all’1 ottobre 2017. A bordo della grande nave Splendida un tour nel Mediterraneo (tra Italia, Spagna e Francia) con la sapiente regia di Francesco Spinosa (un vero “tour operator delle Due Sicilie”!) e accompagnati, tra gli altri, dalla musica di Nino D’Angelo e Monica Sarnelli, dall’ironia di Peppe Iodice e dai racconti di identità, storia&orgoglio di Gennaro De Crescenzo (conferenze e concerti a bordo e nelle città italiane e straniere di approdo). Dalle antiche tradizioni e dai primati del mare delle Due Sicilie alle eccellenze del presente e del futuro…

La settimana di navigazione toccherà le città di Palermo, Cagliari (novità assoluta per la Crociera della Musica Napoletana), Valencia, Palma di Maiorca, Marsiglia e Genova, per riapprodare a Civitavecchia il 1°ottobre. In ogni porto non mancheranno naturalmente gli incontri con le autorità territoriali e soprattutto con gli artisti rappresentanti della musica e delle arti locali, per cementare rapporti di fratellanza e affinità tra le nazioni che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.

LE CROCIERE DEI BORBONE: UN ALTRO (BELLISSIMO) PRIMATO!

“Strettamente legato ai trasporti marittimi e alla grande e antica tradizione della nostra cantieristica, un evento che costituì uno dei primati meno conosciuti ma forse più significativi, soprattutto per le prospettive che avrebbe potuto avere: il 16 aprile del 1833 partì da Napoli la “Francesco I”, prima nave da crociera sicuramente per l’Italia e una delle prime al mondo. Preceduta da una campagna pubblicitaria simile a quelle attuali, si imbarcarono nobili, autorità, principi reali, 13 inglesi, 12 francesi, 3 russi, 3 spagnoli, 2 prussiani, 2 bavaresi, 2 olandesi, 1 ungherese, 1 svizzero, 1 svedese, 1 greco (con funzioni che oggi potremmo definire magari di tour operator). In poco più di tre mesi la nave passò per Taormina, Catania, Siracusa, Malta, Corfù, Patrasso, Delfo, Zante, Atene, Smirne e Costantinopoli e tornò a Napoli: il tutto, come per gli attuali crocieristi, con escursioni e visite guidate, balli, tavolini da gioco sul ponte e feste a bordo. E così “il più grande e il più bel piroscafo che si son veduti sinora nel Mediterraneo” rientrò a Napoli a mezzogiorno del 9 agosto 1833” (G. De Crescenzo, “Noi, i neoborbonici”).

ULTIMI POSTI A OTTIMI PREZZI A PARTIRE DA 800 EURO, TASSE E SERVIZI INCLUSI.

Info e prenotazioni

info@scooptravel.it

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081 5567741

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