Razzismo strisciante alimentato dai media
di
Antonio Tortora
Di recente assistiamo ad un fenomeno davvero curioso e per molti versi incomprensibile.
Che leghisti o gente del nord scriva lettere ai giornali e ai blog, intervenga in diretta a trasmissioni televisive (se hanno faccia tosta) e radiofoniche (in modo da nascondersi dietro l’anonimato), sbraiti allo stadio e alle più svariate manifestazioni contro il Sud, contro il Mezzogiorno d’Italia e soprattutto contro Napoli è ritenuto un fenomeno quasi fisiologico rispetto al quale alcuni provano assuefazione e altri reagiscono energicamente come la Rete Due Sicilie (http://www.reteduesicilie.it/) dell’instancabile Alessandro Romano, il Movimento V.a.n.t.o. dell’ottimo blogger Angelo Forgione (http://angeloxg1.wordpress.com/vanto/), nonché il nostro giornale.
Ma che gente del Sud (regnicoli e nostri conterranei) parli male di se stessa quasi con rassegnazione e inveisca contro Napoli, ovvero contro la città che ha scritto la storia della più grande macroregione d’Italia, nel bene e nel male e negli ultimi millenni, è sintomo di una gravissima malattia psichica che ha infettato parte della comunità meridionale più concentrata su vitali questioni di sopravvivenza ma soprattutto più condizionata da un vero e proprio tsunami mediatico scatenato violentemente contro le nostre genti e le nostre menti sin dall’indomani del 1861 e tuttora in atto.
Ovviamente centocinquanta anni fa l’attacco fu condotto attraverso i giornali nazionali e la pubblicistica di stampo risorgimentale e filosavoiarda; oggigiorno l’attacco è meticoloso e si realizza attraverso datati e menzogneri programmi scolastici con cui gli studenti vengono condizionati, per mezzo di talk show televisivi con cui gli impigriti teledipendenti vengono manipolati fin dentro le loro case e grazie a giornali finanziati dallo Stato e fortemente ispirati da partiti e gruppi di potere.
Dunque un flusso di informazioni a senso unico che accompagna il cittadino italiano, e anche quello meridionale, per tutta la vita e ne indeboliscono lo spirito critico.
Usi e tradizioni, comportamenti e atteggiamenti, modalità di pensiero e filosofie di vita tipiche di coloro che discendevano dagli antichi popoli del Sud: Sanniti, Osco-Sabelli, Greci, Messapi, Lucani, Bruzii e Apuli, sono stati in gran parte dissolti costringendo i nostri più recenti e ottocenteschi antenati a aderire a principi di conformismo e di massificazione che ne hanno fiaccato il forte carattere nonchè la ferma volontà di indipendenza.
Perfino la formidabile conquista romana, circa duemila anni fa, non riuscì a piegare del tutto i nostri orgogliosi e battaglieri progenitori.
Perché tutti i nordisti che si esprimono in modo indegno nei confronti del Sud o dei meridionali non vengono incriminati con l’infamante accusa di istigazione all’odio razziale quando la legge prevede tale reato, ad esempio, nei confronti delle minoranze etniche?
E per quale ragione i conduttori di programmi radiotelevisivi non censurano le opinioni di coloro che istigano all’odio razziale contro gli italiani del Sud?
Forse questi agitatori godono di una speciale immunità di fronte alla legge?
Appare una contraddizione in termini eppure gli stessi che hanno voluto l’Unità d’Italia avvalendosi della forza, dell’aggressione militare e dell’annessione del Regno delle Due Sicilie, Stato sovrano e tradizionalmente pacifico, oggi vogliono la secessione e l’abbandono al proprio destino di un territorio che ha rappresentato, per lungo tempo, un serbatoio immenso di risorse umane, industriali, agricole, intellettuali e finanziarie.
Il nord conquistatore impose tasse inique fra cui la più odiosa era quella che veniva applicata sull’emigrazione interna da sud a nord. Evidentemente la logica del limone spremuto e gettato, ancorché nel 2011, regge ancora.
Dunque alla vena razzista di un nord, rabbioso per essersi ritrovato in crisi economica e industriale ma che nulla avrebbe potuto realizzare fino ad ora senza la forzata emigrazione e il lavoro di milioni di meridionali, si sovrappone una vena razzista di casa nostra che viene continuamente alimentata da una lunga serie di luoghi comuni che, a furia di essere ripetuti (repetita iuvant), diventano dogmi accettati acriticamente dalla massa.
“Immondizia, criminalità (micro o macro è indifferente tanto tutto fa brodo), parassitismo, assistenzialismo, ignoranza, arretratezza, evasione fiscale, inciviltà e maleducazione” sono gli stereotipi che subito rintracciamo nella nostra mente e che vengono in modo arbitrario associati da un gruppo sociale a un altro gruppo; in questo caso dal nord dove risiedono gruppi dominanti capaci di condizionare pesantemente l’opinione pubblica con sofisticati, potentissimi e collaudati sistemi mediatici, al sud dove una classe politica venduta agli interessi geostrategici, economici e massonici delle centrali di potere nordiste, post – risorgimentali e forse anche straniere, ha fatto strage dei principi di diritto, ha definitivamente interrotto i rapporti tra governanti e governati pensando solo alle ricche prebende e alle proprie fulminanti carriere, ha tradito sistematicamente il giuramento prestato sulla Costituzione, ma soprattutto ha insozzato con vera inettitudine, uno dei territori più belli e ricchi del mondo ovvero Napoli e l’intera Campania Felix.
Un vero e proprio genocidio culturale tenendo presente che si vuole, in ogni modo, occultare o banalizzare la plurimillenaria storia della nostra città.
Una vera e propria pulizia etnica ricordando gli oltre undici milioni di Meridionali che furono costretti a emigrare all’indomani dell’Unità d’Italia. Già è molto che la nostra Partenope sia sopravvissuta a tanto odio.
Non contenti delle ferite quasi mortali inferte dai “patrioti risorgimentali” a suo tempo, gli amministratori succedutisi nel tempo continuano a ricoprire la nostra splendida città di rifiuti, per settimane, per mesi e a conti fatti per anni (almeno 17) mortificandone l’essenza solare e portatrice di civiltà; non provvedono alla manutenzione di monumenti che da secoli sono meta di visite da parte di turisti provenienti dal mondo intero (basta vedere lo spessore della sporcizia e del guano dei colombi che li ricopre); continuano a espropriare ai cittadini interi pezzi di città con improbabili Zone a Traffico Limitato (http://www.youtube.com/watch?v=_ENeb5uiwAI) attraverso cui imporre multe con l’unica finalità di fare cassa e cercare forsennatamente di risanare i bilanci ormai compromessi.
Peraltro non sono stati realizzati sufficienti parcheggi per auto e moto gettando nel panico decine di migliaia di residenti che vivono in un territorio pieno di salite e discese ripide, dove l’uso del mezzo privato in molti casi diventa necessario a causa della presenza massiccia, all’interno del nucleo familiare, di anziani, bambini piccoli e disabili.
Non viviamo certamente in una delle pianeggianti città del nord dove la bicicletta può essere efficacemente utilizzata.
A proposito perché non si condannano le amministrazioni cittadine che non provvedono a realizzare posti auto gratuiti con strisce bianche così come prevede il Codice della Strada?
Inoltre tornando alle cose cattive fatte o alle cose buone non fatte, come lorsignori preferiscono, questi tristi figuri che compaiono in pubblico solo per festeggiare il raggiungimento di successi elettorali, continuano a prendere in giro coloro che li votano con la stessa retorica di sempre, si isolano nei palazzi del potere per paura della gente che è esasperata e cerca di sopravvivere come può, si ostinano a militarizzare la città gettando fumo negli occhi ma senza arrecare il benché minimo danno alle imprese criminali che, paradossalmente e sfortunatamente, sono le uniche sul territorio a offrire lavoro a chi è costretto a vivere nella più completa emarginazione.
Le genti del nord sanno bene (fanno finta di non saperlo o semplicemente non lo sanno poiché sono ignoranti) che la colpa di ciò che accade alle nostre latitudini non dipende dalle popolazioni locali bensì dalle classi dominanti che periodicamente si avvicendano ai posti di comando e che mantengono saldamente la barra del timone, rispettando una incredibile e ferrea continuità, senza mai confrontarsi con i cittadini che sono il vero datore di lavoro dei pubblici amministratori, e anche dei burocrati e dei colletti bianchi in quanto questi dipendono in tutto e per tutto da coloro che hanno vinto le elezioni.
Ciò accade mentre alcuni elettori in buona fede credono ancora in una qualche obsoleta o improbabile fede politica e in qualche partito che ormai, da troppo tempo, non li rappresenta più.
Ci chiediamo perché gli amministratori che riducono una città in questo stato pietoso non paghino per i loro errori e per le loro malefatte, riuscendo a farla franca rispetto alla legge e rispetto all’opinione pubblica sempre più sbigottita e desiderosa di riscatto sociale.
Eppure nei discorsi di insediamento dei vari Sindaci, la magica parola “democrazia” continua a essere pronunciata sia pur in maniera minore rispetto al passato.
Il nostro attuale Sindaco, che pure parrebbe animato da buone intenzioni, l’ha usata tre volte abbinandole una volta l’aggettivo “partecipativa” mentre i Sindaci precedenti l’hanno usata molte più volte; in realtà sono decenni che la partecipazione dei cittadini è annichilita e ogni forma di comunicazione fra governanti e governati è relegata all’interno dell’arido linguaggio di una spaventosa burocrazia che interpreta tutto in maniera tale da avere sempre e comunque ragione; nonostante il ministro Brunetta che, teorizzando una utopistica burocrazia dal volto umano, non ha fatto altro, nella pratica, che incattivire ancor di più i “colletti bianchi” e gli impiegati con funzioni amministrative.
Il rapporto fra Stato e cittadini è inesistente e nel migliore dei casi disastroso.
I palazzi del potere, finanche la casa comunale, sono praticamente blindati e impenetrabili.
Praticamente non c’è scampo: il cittadino, in caso di problemi individuali, ha sempre torto e deve subire senza potersi confrontare con interlocutori capaci di ascoltare le istanze che vengono dai veri abitanti della città.
Per le forme di comunicazione erga omnes invece, il cittadino è costretto a barcamenarsi in una selva di segnaletica orizzontale e verticale quasi sempre improntata al divieto, alla sanzione e in una vera e propria raccolta di ordinanze sindacali complesse, di difficile interpretazione e la cui ratio, per forza di cose, viene compresa solo da persone che per muoversi di certo non usano il mezzo pubblico e neanche quello privato bensì il mezzo istituzionale ovvero le numerose e famigerate auto blu dotate di scorta, sirena e lampeggiante.
Possono finalmente muoversi senza il traffico provocato dai comuni mortali che, incredibilmente, sono obbligati a pagare supertasse di possesso, assicurazioni tra le più care d’Italia e balzelli inverosimili, come bollini blu e multe di ogni genere, pur non potendo impiegare i propri mezzi di locomozione su un territorio espropriato all’uso comune.
D’altra parte, e secondo la definizione classica, quando facciamo riferimento a pers
onalità politiche ci riferiamo essenzialmente a coloro che ”partecipano attivamente alla vita pubblica e che operano le scelte necessarie alla crescita civile ed economica del proprio Stato o della propria comunità”; ebbene da quanto tempo ciò non accade nella nostra città e nella nostra regione?
onalità politiche ci riferiamo essenzialmente a coloro che ”partecipano attivamente alla vita pubblica e che operano le scelte necessarie alla crescita civile ed economica del proprio Stato o della propria comunità”; ebbene da quanto tempo ciò non accade nella nostra città e nella nostra regione?
In effetti le cosiddette “personalità politiche” che abbiamo avuto la disgrazia di ritrovarci davanti per innumerevoli anni, non hanno fatto altro che contribuire al consolidamento di quei numerosi luoghi comuni cui prima abbiamo accennato facendo sì che, non solo il nord Italia ma anche il resto del mondo, senza esclusione di meridiani e paralleli, abbiano recepito come vere un insieme di credenze, di rappresentazioni ipersemplificate della realtà e opinioni rigidamente connesse tra di loro.
La vera “macchina del fango” è quella che cerca di ricoprire di immondizia la nostra città e di desertificare l’intera Campania, basta vedere gli scarichi tossici (provenienti dal nord) scoperti proprio in questi giorni a Castelvolturno e non quella finta, strumentale e patetica che i nostri politici, furbescamente, agitano quando si sentono attaccati e vedono i loro assurdi privilegi messi in pericolo.
E non capiamo cosa c’entra il “vento dell’antipolitica” quando esprimiamo critiche nei confronti dei partiti e degli amministratori che ad essi fanno riferimento; tenendo presente che la politica nacque proprio nei territori della Magna Grecia, ovvero nell’Italia Meridionale dove già a partire dall’VIII° sec. a.C. si sviluppò il concetto di città-stato in continuità con le “poleis” greche.
Ma senza andare così a ritroso nel tempo, e per cercare di colmare il vuoto provocato dalla crassa ignoranza dei nordisti, gioverà ricordare che anche Benjamin Franklin e la Costituzione degli Stati Uniti, nella seconda metà del ‘700, furono ispirati dal grande giurista partenopeo Gaetano Filangeri che con la sua Scienza della Legislazione propose di mettere ordine nel caotico diritto feudale che caratterizzava la legislazione di tutti i Paesi d’Europa.
Dunque al Sud non spira il “vento dell’antipolitica” poiché il colto uomo meridionale sa perfettamente che la politica affonda le sue radici nelle concezioni filosofiche elaborate da Socrate, Platone e Aristotele bensì soffia forte il “vento dell’antipartitocrazia” e, alla luce di quanto accaduto in questi ultimi decenni di malgoverno, non crediamo che ci sia qualcuno che si azzardi a prendere le difese di un sistema partitocratrico che ha quasi condannato l’Italia al default finanziario.
Tale governo dei partiti è stato molto opportunamente definito “Peste italiana” in uno studio promosso dai Radicali.
Quanto affermato vale non solo per la nostra Napoli bensì per tutte le altre città, anche per le più piccole (pensiamo al recentissimo caso di Parma dove il sindaco è stato costretto alle dimissioni a furor di popolo) e dunque per l’intero Paese.
Ma del resto d’Italia e dei suoi guai locali non si parla, se non sporadicamente; tutto deve apparire in ordine rispetto alla Napoli senza regole.
Vorremmo stendere un velo pietoso sulle invettive razziste dello pseudointellettuale Giorgio Valentino Bocca (a quanto pare tra i firmatari del Manifesto della Razza nel 1938), di cui la nostra testata si è occupata più volte e speriamo che rimanga confinato nelle sconosciute lande cuneesi dove risiede.
Tuttavia non possiamo non ricordare che, a suo tempo, nel programma della Rai “Che tempo fa”, Bocca parlò di Napoli come “città decomposta da migliaia di anni” e dei Napoletani come “plebe che vive di magia” (http://www.youtube.com/watch?v=KDG_-GIrpCQ) senza essere censurato e svolgendo il devastante ruolo di testa di ponte di quella compagine formata da opinion leader, scrittori e giornalisti (sic!) che dirigono la “macchina del fango” cui prima abbiamo fatto riferimento.
Un vero e proprio esercito mercenario, profumatamente pagato con denaro pubblico, cui è stato accordato prestigio e mezzi per influenzare in modo determinante l’opinione pubblica.
Certo a Napoli la vita non è facile perché c’è una bassissima qualità dei servizi pubblici, una burocrazia paludosa dove per avere un semplice rimborso dal Comune di cifre erroneamente versate per la refezione scolastica occorrono anche otto mesi e per ottenere lo sgravio di una sanzione amministrativa ingiustamente erogata possono occorrere circa sette anni; prenotare una prestazione sanitaria può richiedere file lunghissime e tempi biblici per l’erogazione della stessa.
Muoversi in Metropolitana significa viaggiare in carrozze moderne e tecnologicamente avanzate ma strettissime rispetto al numero esorbitante dei viaggiatori (circa 110mila nei giorni feriali). C’è troppa gente e all’interno delle carrozze manca l’aria soprattutto quando queste si fermano per motivi non chiari, non comunicando nulla agli utenti intrappolati e l’aria condizionata smette di funzionare come è capitato un paio di settimane fa; forse sarebbe opportuno rivisitare le norme di sicurezza.
Ci chiediamo perché il privato che viaggia con la propria auto viene supercontrollato e fortemente penalizzato se trovato non in regola, pur non creando pericoli per chicchessia, mentre sui mezzi pubblici nessuno fa controlli per verificarne l’uso in sicurezza; alcune delle stazioni della Metro sono molto profonde (anche fino a 47 mt.) e in caso d’incidente grave, vista la forte utenza e i treni insufficienti, il prezzo in vite umane potrebbe essere altissimo.
Stando alle lamentele degli utenti il prezzo dei mezzi pubblici è sempre più caro mentre il servizio è sempre più scadente e alcune corse, come sta avvenendo per la Circumflegrea, vengono inspiegabilmente eliminate proprio nelle ore di punta obbligando migliaia di pendolari a litigare pesantemente solo per essere trasportati come capre al macello.
Tutto, dicono le persone informate, a causa dei tagli ai finanziamenti; che dire allora del numero crescente dei dirigenti che
percepiscono ottimi stipendi e del numero sempre più inferiore di operai, macchinisti e addetti alla manutenzione con retribuzioni davvero scarse?
percepiscono ottimi stipendi e del numero sempre più inferiore di operai, macchinisti e addetti alla manutenzione con retribuzioni davvero scarse?
Tuttavia pur senza tacere, per onestà intellettuale, i problemi che affliggono la nostra metropoli, pare esserci una specie di legge del caos controllato per cui mentre intere aree della città sono abbandonate a sé stesse altre come quelle relative alla nuova Zona a Traffico Limitato, sono presidiate da oltre 600 vigili e le zone limitrofe sono prese di mira da ausiliari del traffico che, setacciando palmo a palmo l’intera zona, infliggono numerosissime multe su cui evidentemente prendono una percentuale (cosa questa non del tutto chiarita).
Possiamo dire che il parcheggio abusivo che in passato ha caratterizzato la città oggi è stato completamente sostituito dal parcheggio a pagamento sempre ben delimitato da strisce blu ben visibili, ripittate di frequente e a disposizione dell’automobilista che paga salato. In effetti si tratta dell’unica cosa che funziona alla perfezione oltre alla riscossione delle multe e che fa adirare i cittadini che, di contro, devono misurarsi costantemente con le infinite disfunzioni degli uffici pubblici.
Abbiamo posto l’accento solo su alcuni punti riguardanti la vivibilità a Napoli ma siamo convinti che problemi analoghi esistano in molte altre città senza però che la “macchina del fango” si metta in moto perché è sempre e solo Napoli che deve fare notizia come vittima sacrificale di un sistema mediatico dove una certa polarizzazione del pensiero obbliga il cittadino medio a identificare, per esempio, Napoli con la spazzatura anche quando questa è stata rimossa e le strade sono pulite. In quest’ottica ci si guarda bene dall’evidenziare le cose positive fra cui ad esempio le decine e decine di eventi culturali che quotidianamente animano, nonostante le immense difficoltà e a dispetto degli intralci frapposti da ottusi burocrati, un panorama antropologico estremamente vitale e interessante.
D’altra parte questa immagine ferocemente distopica della realtà consente di raggiungere molteplici obiettivi: scaricare le tensioni in eccesso presenti su tutto il restante territorio nazionale cosicché, in un rituale sfogo collettivo, ci si possa scagliare contro la città sporca e camorrista per antonomasia; mantenere in vita un mito volutamente negativo per giustificare il saccheggio del Mezzogiorno d’Italia più volte ricordato negli studi compiuti dallo scomparso scrittore meridionalista Nicola Zitara (http://it.wikipedia.org/wiki/Nicola_Zitara) e da un’infinità di studiosi e storici revisionisti; cercare di comprimere il senso di libertà e indipendenza di un particolare tipo di comunità, ovvero quella partenopea, che di rado si è ribellata alle ingiustizie ma che quando lo ha fatto non si è fatta fermare facilmente; e per ultimo, fare sperimentazione politica in un laboratorio sociale dalle infinite risorse e dalle illimitate potenzialità.
Purtroppo il plagio mentale esercitato sui cittadini partenopei, facendo leva sui sensi di colpa e sulla incapacità di evolversi secondo regole di una massificazione universalmente accettata, sta producendo effetti negativi a tal punto che una mentalità razzista diretta contro sé stessi pare prendere piede finanche nella popolazione; significherebbe mettere gli uni contro gli altri portandoci a un’ulteriore imbarbarimento all’interno delle nostre strade e delle nostre case.
È un campanello d’allarme che contribuiremo a far squillare forte e chiaro affinché il pericoloso fenomeno si arresti e venga provocato il risveglio delle coscienze. Dovremo opporci con tutte le forze a quella “damnatio memoriae” cui il nord vorrebbe condannarci senza appello e senza aver commesso, come popolo, alcuna colpa.
La stessa meritevole opera letteraria di Roberto Saviano, che ha concepito la penna come arma contro la camorra e quindi come una denuncia potente e definitiva contro la criminalità organizzata, è stata manipolata dai media ispiratori della “macchina del fango” trasformandola in una cluster bomb (bomba a grappolo) capace di detonare sulle teste dei napoletani, dei campani e dei meridionali.
A tal punto che l’opera di sminamento e di disinnesco di luoghi comuni, cliché, stereotipi, frasi fatte e banalità diventa complessa e davvero difficile.
Dimenticavamo.
Sappiano i nuovi razzisti del Sud, mentalmente plagiati, che se non fosse stato per le tante Storie Patrie scritte nel corso dei secoli da studiosi, storici, scienziati e filosofi napoletani e quindi per la storia antica e gloriosa di Megaride, Partenope o Neapolis, come si preferisce, forse di molte realtà meridionali e degli innumerevoli piccoli centri che costellano il nostro territorio, sia appenninico che costiero, mai nulla si sarebbe saputo con la conseguente condanna all’oblio.