A proposito di Pino Aprile


di  Gennaro De Crescenzo

Per parlare dell’ultimo libro di Pino Aprile (“Il Sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio”), mi piace fare un salto indietro ed andare ad analizzare con voi i “finali” di tutti i suoi libri sul tema. 

“Sulla parete dietro alla mia scrivania ho tenuto per anni due frasi di Paolo Borsellino: una su Palermo, che non gli piaceva, e per questo la amava; l’altra gli costò la vita: ‘Un giorno questa terra sarà bellissima’. E credo che non ci sia terra, oggi, in Europa, che abbia maggior futuro e miglior fortuna da dispiegare, del nostro Sud” (Terroni, 2010). “La divisione che fu ideologica oggi si presenta economica, culturale, persino religiosa, ma appare geografica. Chi la risolve qui, a partire dal suo paesello, dalla sua regione, e si può, potrebbe, non volendo, aprire la strada per tutti, ovunque. La smetti di guardarti intorno?” (Giù a Sud, 2011). “E’ il continuo rinnovamento che nutre la tradizione, entrandone a far parte. Questa è la storia del Sud, la natura del Mediterraneo. Per restare in tema e tornare all’oggi: Omero-punto-zero resta  Omero. Qualcuno fra non molto ricorderà che, fra le tante cose successe qui, in millenni, per un secolo e mezzo fummo anche terroni. Mah!” (Mai più terroni, 2012). “Botta e risposta a Taranto, il 1° maggio 2013, nel dibattito fra le associazioni per la rinascita della città. Relatore: «Abbiamo fatto troppi sogni!». Dalla platea: «Aspetta a chiudere, manca il mio…»”. (Il Sud puzza, 2013). 
Qual è il filo rosso che lega questo percorso che ormai da oltre 3 anni ci lega a Pino Aprile? Senza alcun dubbio l’amore per la nostra terra e per la sua gente, la speranza a volte anche commovente, disperata ma dolce che un giorno possiamo davvero salvarla questa terra e questa gente. Lo abbiamo detto anche in occasione dell’uscita del libro precedente: è chiaro che tutti noi siamo profondamente legati a Terroni perché Terroni è un libro-bandiera ma non dobbiamo mai dimenticare che Pino Aprile è “anche” e “ancora” Terroni e continua nel suo ultimo libro il suo e il nostro percorso, un percorso non solo figurato, visto che ogni anno macina migliaia di chilometri senza concedersi più pause. E questa volta incontra sulla sua strada i ribelli di Potenza e di Palermo, i nuovi eroi di Scampia e di Ercolano, i drammi più cupi e gli esempi più brillanti della Locride e di Taranto, del Volturno e di Atella tra pizzi non pagati e camorre messe alla porta, tra terreni e laghi inquinati e cortei di migliaia e migliaia di persone. Per Pino “è la nascita di un cambio di stato, di una comunità che cerca regole e le fa rispettare e anche quando non le ha se le dà”. Per Pino ci salveranno quei ragazzi e ci salverà la “geometria delle reti”, la possibilità, cioè, che tutto questo diventi cosa vera e reale come un lampo improvviso: “in questo universo le cose succedono così: per moltissimo tempo non succede niente e in tempi molto ristretti, velocemente, accade di tutto”… Io non lo so se quei ragazzi raccontati da Pino nelle pagine del suo libro, insieme agli altri raccontati negli altri libri (dai neoborbonici di “Terroni” alle eccellenze di “Mai Più terroni”) riusciranno davvero a cambiare il Sud ma so solo che abbiamo bisogno di quelle storie e di quei ragazzi, di fronte a classi dirigenti locali e nazionali sempre più assenti e sempre più colpevoli, di fronte ad opinionisti più o meno famosi del Nord come del Sud e sempre pronti a puntarci in faccia il loro dito altrettanto colpevole e spesso solo interessato a titolo personale per vendere libri sul Sud (ma contro il Sud) o per conservare poltrone e privilegi, più o meno da 150 anni. I libri di Pino Aprile, invece, sono libri sul Sud ma per il Sud in ogni pagina e in ogni rigo. Perché uniscono sapientemente la consapevolezza del passato e quella del presente rischiando di essere attaccato nel primo caso (“sei neoborbonico!”) o nell’altro (“vuoi fare politica!”). Perché senza unire passato e presente non possiamo uscire dalla nostra secolare minorità. Ecco perché i libri di Pino (e i loro finali) ci servono. Perché tutti noi speriamo e sogniamo che questa terra, la stessa terra che ogni giorno guardiamo e calpestiamo, un giorno ridiventi bellissima e ci risvegli di nuovo con il “profumo dei mandarini”. 

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