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Convegno di studi a Pazzano
Alla storia delle miniere di Pazzano sarà dedicato un convegno di studi, che si svolgerà domenica 23 giugno 2019 preso il “Museo della cultura mineraria” di Pazzano (Reggio Calabria), per iniziativa del Comune, della Delegazione della Calabria del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, dell’Associazione Due Sicilie e della Fondazione Il Giglio.
Dalle miniere di Pazzano, la cui storia è antichissima, si estraeva la limonite, che veniva trasformata in ferro nelle molte ferriere presenti nel comprensorio. Le miniere fornirono il minerale ai Greci, ai Romani, ai Bizantini e, in ultimo, alle industrie siderurgiche di Mongiana e Ferdinandea nel periodo borbonico.
Nel periodo post-unitario gli impianti minerari vennero dismessi, vi fu poi una breve ripresa nel periodo fascista ed un’altra dopo il secondo conflitto mondiale, durata fino agli anni sessanta.
Il convegno, giunto alla sua seconda edizione (lo scorso anno si è tenuto a Mongiana) e che ha per tema generale “Le miniere, il ferro e l’industria del Sud”, vedrà le relazioni del Prof. Danilo Franco, studioso di archeologia industriale, del Prof. Vittorio Daniele dell’Università Magna Grecia di Catanzaro e della Prof.ssa Carmela Maria Spadaro dell’Università Federico II di Napoli.
Pubblicato in Eventi
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La Scuola Medica Salernitana
Conferenza a Pagani
Sabato 8 giugno 2019, alle ore 18.00, presso Casa Tipaldi (in Via garibaldi) a Pagani, si terrà una conferenza sul tema “La Scuola Medica Salernitana e le scuole nelle Due Sicilie”.
Interventi di don Gerardo Tipaldi, Marina Carrese e di Gennaro De Crescenzo.
Seguirà un dibattito su un tema, quanto mai attuale, alla luce di una nuova storiografia che sta evidenziando l’importanza di tanti primati del Sud dell’Italia e sta cancellando falsità e luoghi
Comuni, come le menzogne sulle scuole inesistenti e sul più alto numero di analfabeti. Anche su questo un primato, seppur triste: la nostra dignità ha dovuto subire le prima fake new della storia italiana.
Pubblicato in Eventi, News sul Sud
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LETTERA APERTA ALLA CITTÀ DI MARSALA IN OCCASIONE DELLE MANIFESTAZIONI GARIBALDINE
Gentile Sindaco della Città di Marsala, abbiamo appreso della presentazione delle annuali manifestazioni legate a Garibaldi per i prossimi giorni e Le inviamo alcune osservazioni da semplici amanti della storia ed in particolare della storia (tutta la storia) del nostro Sud dell’Italia. Possibile che dopo oltre 150 anni, proprio nella città del famoso sbarco, non si trovi il modo di attuare una analisi critica di quella storia che portò all’unificazione italiana? Possibile che la storia della gloriosa città di Marsala, grande dai Fenici alla “splendidissima urbs” romana, dagli Arabi ai Normanni, dagli Angioini agli Spagnoli, debba essere sintetizzata e rappresentata da una sola storia? Possibile che tutto si possa ridurre a qualche mostra, a qualche menu “risorgimentale” e a qualche decina di figuranti in camicia rossa? Possibile che non si possa procedere all’analisi delle vere motivazioni che spinsero Garibaldi e i garibaldini a sbarcare in Sicilia e nell’ex Regno delle Due Sicilie? Possibile che non si possano analizzare, finalmente e veramente, i processi che portarono a quella unificazione, tra complicità e finanziamenti esteri e interessi che non erano di certo solo quelli “nazionali”? Possibile che non si possa approfondire il tema del (vero) numero dei garibaldini/sabaudi e la (vera) natura di molti di quelli che aderirono a quel progetto? Possibile che non si possano finalmente e veramente analizzare le conseguenze di quello sbarco con una Sicilia ed un Sud che solo da quel momento conobbero questioni meridionali che prima non conoscevano? Possibile che non si possa capire per quale motivo fino al 1860 gli abitanti di Marsala e quelli di tutto il Sud non partivano e dal 1860 in poi hanno iniziato, a milioni, ad emigrare fino a desertificare (tra qualche anno) le nostre città? Possibile che non si possa studiare una storia diversa da quella raccontata per oltre 150 anni cercando, finalmente e veramente, di capire perché quella storia ci è stata raccontata (solo) così e perché con quel racconto, da oltre 150 anni, la nostra Sicilia e il nostro Sud non hanno trovato soluzioni e classi dirigenti adeguate per risolvere finalmente e veramente le questioni meridionali? Se questa analisi partisse proprio dal Sud e proprio da Marsala assumerebbe un valore ed un significato diverso e forse potrebbe rappresentare un vero punto di ri-partenza per il nostro territorio e per tutta l’Italia. Nessuna nostalgia del passato, nessun risarcimento, nessuna secessione, nessun ritorno al passato ma solo il dovere di provare a garantire da Marsala a Napoli, ai nostri giovani, magari percorrendo anche storicamente e culturalmente strade diverse da quelle percorse per 150 anni, gli stessi diritti, lo stesso lavoro, gli stessi servizi, le stesse occasioni e le stesse speranze che hanno i giovani del resto dell’Italia e dell’Europa. Ci ritenga a sua (gratuita) disposizione.
Prof. Gennaro De Crescenzo, Napoli, maggio 2019 a 159 dallo sbarco di Marsala.
Pubblicato in L'opinione
Contrassegnato Garibaldi, Marsala, Regno delle Due Sicilie
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Carlo di Borbone il re che cambiò la storia
di Gennaro De Crescenzo
Era la mattina del 10 maggio del 1734, era un lunedì ed esattamente 285 anni fa la città di Napoli era pronta per una festa che non era nuova nella sua storia: stava per arrivare un nuovo re. Ma quella sarebbe stata una festa diversa perché stava per fare il suo ingresso nella capitale del viceregno prima spagnolo e poi (per pochi anni) austriaco un ragazzo di diciotto anni, magro, con i tratti chiari e un naso abbastanza pronunciato. Era Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese e quella mattina iniziava la storia autonoma del Regno di Napoli e poi delle Due Sicilie.
I nobili lo aspettavano a Porta Capuana, il corteo si mosse lento e solenne tra monete d’oro e d’argento lanciate ad una grande folla, colpi di cannone a salve in lontananza, tante coperte colorate ai balconi, fazzoletti bianchi e grida di “viva ‘o rre”. Da via Tribunali al Duomo, da Spaccanapoli a via Toledo: iniziava così la storia di una Napoli capitale tra le poche, vere capitali del mondo insieme a Parigi, Madrid, Vienna e Londra. Difficile sintetizzare le opere di Carlo di Borbone, III di Spagna, VII di Napoli. Ci basterebbe pensare che, quando dobbiamo ben figurare magari nei vertici internazionali dei nostri tempi, dovremmo ringraziare re Carlo: la reggia di Caserta e di Portici, quella di Capodimonte con le fabbriche di porcellana, gli scavi di Pompei ed Ercolano con l’Accademia Ercolanese e la nascita, dalle nostre parti, del Neoclassicismo, il Teatro San Carlo costruito in meno di sei mesi (“non vi è nulla di simile in tutta Europa”, scrisse il famoso Stendhal) e, ancora, strade, piazze, porti, l’Acquedotto Carolino (fantascientifica e colossale opera che portava l’acqua da Benevento a Caserta fino a Napoli), il Foro Carolino (attuale piazza Dante, con le statue che riproducono le virtù del re), il palazzo dei Regi Studi diventato Reale Museo Borbonico con la collezione Farnese ereditata e lasciata alla città (attuale Museo Archeologico Nazionale) o anche il Real Albergo dei Poveri, città nella città, con una delle facciate più grandi mai costruite e migliaia di poveri assistiti ma anche formati nelle più diverse professioni (e oggi conosciamo tutti i limiti dei rapporti tra scuola e lavoro in luoghi, come i nostri, che “vantano” ormai solo i primati della disoccupazione).
Napoli e il regno diventarono un enorme cantiere sempre aperto, meta preferita dei grandi viaggiatori internazionali, con una corte frequentata da gente del calibro di Gaetano Filangieri, ispiratore della costituzione americana e del concetto della “felicità dei popoli”, di Genovesi, con la prima cattedra di economia al mondo, di Sant’Alfonso de’ Liguori, autore di trattati teologici ma anche della popolarissima “Quanno nascette Ninno” o del Principe di Sansevero con i suoi misteri e le meraviglie della sua cappella e di musicisti come Scarlatti, Pergolesi, Cimarosa o Paisiello, autore anche dell’inno nazionale del Regno (fu la scuola musicale napoletana a formare il giovane Mozart).
E fu sempre Carlo a riformare leggi e codici imitati e invidiati da tante altre nazioni e a riformare il sistema fiscale a vantaggio di chi non era ricco. Intanto, a 22 anni, il timido e malinconico re di Napoli aveva sposato una quattordicenne bionda, altera e con gli occhi azzurri: Maria Amalia di Sassonia, dalla quale avrebbe avuto (tradizione borbonica e napoletana) ben 13 figli e tra essi Ferdinando, futuro re 7 Ferdinando IV.
Ma, tra le tante storie legate alla storia di Carlo, ci piace ricordare un episodio poco conosciuto: fu chiamato a Madrid come re di Spagna (era il 6 ottobre del 1759) e tra migliaia di persone accorse, in lacrime, per salutarlo, si tolse un anello che gli era stato regalato durante gli scavi di Pompei perché “apparteneva allo Stato”. E preferiamo evitare confronti con gli attuali politici.
Pubblicato in Dalla Storia, L'opinione, News sul Sud
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Anno Ferdinandeo
Le celebrazioni saranno aperte con la Santa Messa Solenne che si terrà venerdì 31 maggio, alle ore 17.45, presso la Basilica di San Francesco di Paola a Napoli, Largo di Palazzo, attuale Piazza plebiscito, con la partecipazione di S.A.R. Duca di Castro Carlo di Borbone, Capo della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie.
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In memoria del Soldato Napolitano
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