Davide Brandi – Il Dono

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Martedì 21 gennaio 2020, alle ore 18,00, presso la Casina Pompeiana di Palazzo Venezia a Spaccanapoli, via Benedetto Croce n.19 – Napoli, sarà presentato l’ultimo libro di Davide Brandi (già autore di raccolte di poesie e del saggio Tombola Storica napulitana del 1734, nonché di numerose collaborazioni in altre pubblicazioni, oltre ad esser presidente dell’Associazione I Lazzari e tutor dei corsi di lingua napoletana).
Una raccolta di poesie molto intime che mostrano gli stati d’animo dell’autore, tra riflessioni filosofiche sull’esistenza sino all’esaltazione della malinconia e della solitudine come necessità vitale.
Con l’autore saranno presenti la professoressa Angela Procaccini, consulente del Sindaco di Napoli nonché Dirigente Scolastico del Nuovo Bianchi ed autrice, l’editore ERACLE nella persona di Antonio Baiano, Maria Concetta Dragonetto, poetessa, Rosa Mancini poetessa e l’artista Rino Napolitano (di Lazzari e Briganti) che allieterà la serata con alcuni brani tradizionali napoletani.
Per informazioni contattare Palazzo Venezia al numero 0815528739, oppure direttamente l’autore al numero 3318923006.

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Zezolla la Cenerentola napoletana

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Si afferma sempre più la “scuola” di lingua e cultura napoletana a Palazzo Venezia a Spaccanapoli, curata dall’associazione I Lazzari.
Dopo i corsi base di lingua (storia, fonetica, etimologia, grammatica), partono anche gli incontri di letteratura con approfondimenti sui maggiori (e non solo) autori e sulle loro opere.
Gli incontri del primo “corso” (quattro giornate cadenti ogni martedì a decorrere dal 28 gennaio 2020 e sino al 18 febbraio) saranno incentrati sulla lingua barocca del ‘600 ed in particolare sullo studio di alcune fiabe tratte da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, a cominciare proprio da quella Cenerentola napoletana (Zezolla), nata nel ‘600 a Giugliano e “rubata” nel corso dei secoli da altri autori stranieri.
Gli incontri, tenuti da Davide Brandi (presidente dell’associazione I Lazzari) saranno gratuiti (si farà solo l’aperitivo a 5 euro per ripagare in parte l’associazione di Palazzo Venezia che mette a disposizione sale e servizi) ed aperti a tutti ma a numero chiuso.
I prossimi corsi di lingua napoletana di base (sempre gratuiti), cominceranno invece entro la prima metà di marzo 2020.
Per prenotare basta telefonare all’Associazione I Lazzari al numero: 3318923006.

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Giuseppe Garibaldi – Orlando Fico

Garibaldi (copertina ante)

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In risposta al Prof. Pinto

           NON ESISTONO PIÙ LE QUESTIONI MERIDIONALI (DI UNA VOLTA), I BRIGANTI ERANO BORBONICI (MA ANCHE NO), I GIOVANI PARTONO (PORTIAMOLI DALLO PSICOLOGO).

Interessante intervista del prof. Carmine Pinto, pubblicata dal quotidiano “la Repubblica” – edizione di Bari – dell’8 gennaio 2020, sul suo libro dedicato al brigantaggio: diverse le contraddizioni significative e tipiche del mondo accademico in questi anni. Ne analizziamo qualcuna.

1) Come capita anche nel libro, Pinto sostiene una tesi e anche il suo contrario e così:
A) Il brigantaggio si lega a due “diverse ipotesi di società: quella unitaria e quella borbonica” ma, dopo due righe i briganti sono anche…
B) “figure sociali che da sempre esistevano nelle campagne del Sud e nelle altre società rurali”.
Tenendo da parte i giudizi sul solito silenzio sulle migliaia di meridionali massacrati, deportati o incarcerati (glissa anche nel libro su questo tema), com’è possibile (sul piano logico e non solo storiografico) ipotizzare che i briganti fossero “borbonici”, ma esistevano già prima che ci fosse il conflitto con gli “unitari” visto che quel conflitto nacque solo intorno al 1860?
Com’è possibile negare (ancora) che i briganti pre-unitari erano, per quantità di persone coinvolte, durata e mezzi in campo per sterminarli, una cosa del tutto diversa da quelli post-unitari? E il tutto per dimostrare la ormai debolissima tesi del consenso anche meridionale al progetto unitario?

2) La questione meridionale non è mai finita?
A) “Non so se possiamo usare queste parole riferibili ad altri momenti storici” ma…
B) “il Sud è periferia d’Europa e ha un sistema economico e produttivo fragile”.
In sintesi: Pinto sostiene sistematicamente (lo fece anche durante un bel confronto con il sottoscritto qualche anno fa) che la storia deve restare storia senza legami con il presente. Questa tesi, però, rischia di diventare una tesi vuota tanto è vero che a parole la sostiene (A) e nei fatti lui stesso la smentisce e conferma i legami inevitabili tra passato e presente (B).

3) Forse dall’alto delle loro tranquille cattedre o magari delle finestre delle loro ville a Posillipo o degli aerei magari utilizzati per viaggiare nel mondo, è difficile capire la disperazione di chi emigra (centinaia di migliaia di giovani in questi anni e molti laureati nelle università di Pinto e colleghi), ma la tesi di Pinto a proposito dell’emigrazione giovanile al Sud è davvero debole e forse pure un poco irritante. Per Pinto i meridionali emigrano perché “sono ostaggi di un autoracconto secondo il quale restare qui vuol dire non avere prospettive di futuro”. Non si tratta, allora, di un sistema “economico e produttivo fragile” (eppure lo dice lui dopo due righe), ma solo di un problema… psicologico! A questo punto invitiamo Pinto a provare ad iscriversi in qualche centro per il lavoro, a richiedere un prestito bancario per avviare un’azienda o ad inviare 2-300 curriculum alle aziende del Sud e a vedere quali e quante risposte riceverà e, nell’attesa, rendersi conto che si è costretti a vivere in famiglia senza avere possibilità di realizzare un proprio progetto familiare o si è costretti a partire…

4) Pinto è davvero convinto che per risolvere la questione meridionale non servano economisti (consapevoli e fieri) ma… gli psicologi? Per Pinto davvero l’autonomia differenziata del Nord va contrastata con “gruppi politici capaci di restituire al Sud fiducia in se stesso” senza fare una “politica di rivendicazione”?
Quindi se il Nord chiede più soldi e se il Nord in questi anni (in linea con quanto accaduto più o meno dal 1860) ha sottratto al Sud oltre 61 miliardi di euro all’anno (dati-Ragioneria Centrale dello Stato) non dobbiamo rivendicare nulla, ma sorridere e pensare, magari dopo un’oretta di meditazione Zen, che “ce la possiamo fare”?
In sintesi, allora, noi continuiamo a stimare Pinto (che abbiamo incontrato spesso con reciproca cordialità), ma in questa breve intervista ci sono alcuni dei motivi per i quali le accademie sono sempre più distanti dalla realtà e le tesi “alternative” (magari neoborboniche) ottengono successi crescenti nonostante i numerosi tentativi di Pinto&colleghi di demonizzarle o di sminuirle…
Gennaro De Crescenzo

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Raduno Storico Identitario a Gaeta – febbraio 2020

A Gaeta - Programma parziale 1#001

A Gaeta - Programma parziale 2#001

A Gaeta - Programma parziale 3#001

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LA Coccarda Rossa – Romanzo storico

La coccarda Rossa Romanzo

Lo vedeva ogni giorno, sempre allo stesso posto e alla stessa ora, era sicuro di averlo già visto ma non ricordava né dove, né quando. Quella tiepida mattina di metà ottobre, passando davanti al solito locale di fronte a Saint Germain des Prés, Rocco decise di avvicinarsi. Quel signore dai modi eleganti è Francesco II di Borbone. Esule a Parigi, lontano dalla sua Napoli e dal suo stesso nome: per tutti ormai è il Duca di Castro. Ma un giovane aspirante scrittore, arrivato da poco in città, lo riconosce nello sguardo di quell’uomo anziano e fiero. Lo aveva visto tanti anni prima a Napoli, quando era bambino, e non lo aveva mai scordato. Il racconto del Re sugli anni che seguirono l’invasione piemontese non ha per protagonisti i grandi nomi della storia ma quelli di giovani coraggiosi, pronti a sacrificare tutto e combattere ancora per la propria patria. La coccarda rossa era il segno di riconoscimento che portavano all’occhiello. Erano briganti o eroi? Un romanzo storico che ripercorre le vicende di grandi uomini nell’Italia postunitaria.
Autore
Mauro Mercuri

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Il libro dei Primati del Regno delle Due Sicilie

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Con Il libro dei Primati del Regno delle Due Sicilie De Crescenzo approfondisce e analizza il risveglio identitario del Sud, certamente più diffuso di quello del Nord: il Meridione sta infatti prendendo coscienza delle condizioni inaccettabili in cui versa. E questo lo dice anche l’Europa, che contesta le tante, troppe mancanze di un governo “nordcentrico”.
Il libro dei Primati del Regno delle Due Sicilie è perciò un grande lavoro che fornisce un alto strumento di verità. Una verità storica che De Crescenzo è impegnato a ristabilire sin dal ‘93, combattendo soprusi e inesattezze, confutando con determinazione e contezza esternazioni offensive, cattive e, perché no, ignoranti, e soprattutto le bugie di storici nonché professori universitari o presunti conduttori televisivi e radiofonici.

Dice De Crescenzo della sua ultima opera: «Forse il mio libro più “faticoso”, forse il mio libro più bello… Economia e finanze, industrie e commercio, opere pubbliche, arte, scienze e welfare: sono tanti i settori nei quali si concretizzarono i 135 primati descritti, analizzati e illustrati in questo libro. Era questo, era anche questo il Regno delle Due Sicilie durante il governo dei Borbone di Napoli. Sintesi di scelte politiche e di orgoglio, frutto di un clima culturale che fondeva, in armonia, governati e governanti, i primati forniscono diversi spunti di riflessione riferibili all’attualità e, con fonti archivistiche e bibliografiche spesso inedite, anche spunti per ulteriori ricerche e approfondimenti, tra racconti di personalità geniali, notizie storiche e curiosità. In sintesi: il quadro di un’epoca ricostruita anche grazie alle tante immagini (oltre 100) ritrovate e presentate, in una elegante e curatissima edizione, ai lettori appassionati di una storia ancora tutta da ritrovare e da valorizzare.»
Il libro dei Primati del Regno delle Due Sicilie, 330 pagine, oltre 100 illustrazioni a cura di Marzio Alfonso Grimaldi nell’elegante volume telato della Grimaldi & C Edizioni di Napoli, è disponibile in tutte le librerie, alla sede della Fondazione Il Giglio e online, oppure direttamente sul sito http://www.grimaldilibri.it/?g=Libreria-Autori-A-Z&tid=34371

Era il 7 settembre del 1993, quando al Borgo Marinaro il compianto Riccardo Pazzaglia gettò le basi di quella che sarebbe diventata l’Associazione culturale Movimento Neoborbonico, il più “antico” e più attivo del Meridione. Un Movimento di “cuore”, di passione: non scade però nella nostalgia, non vuole restaurare nulla, ma parte dal passato per dare una svolta al futuro al Sud. Dal Movimento Neoborbonico sono nate importanti iniziative, come il progetto CompraSud e il Parlamento delle Due Sicilie | Parlamento del Sud (parlamentodelleduesicilie.it), un gruppo di azione civica che vigila su ciò che viene fatto effettivamente per il Meridione.
Gennaro De Crescenzo, napoletano, laurea in lettere, docente a Scampia, ha al suo attivo diverse pubblicazioni.

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Novità editoriale – Nadia Verdile

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LA VERITA’ STORICA SULL’UNIFICAZIONE ITALIANA

LA NOSTRA REPLICA SULLA “GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO” (8/1/20) CONTRO CHI PUÒ USARE SOLO GLI INSULTI PERCHÉ FORSE SA CHE LE SUE TESI SONO (ORMAI) DEBOLI E PERDENTI.

Surreale e debolissima la controreplica: si cita Romeo (ricerche di circa mezzo secolo fa) e non si entra, ovviamente, nel merito a proposito di scuole e Pil rifugiandosi in un surreale “i dati non hanno bisogno di particolari interpretazioni” (in che senso? Se si citano fonti e documenti si replica con fonti e documenti). Peggio per loro: noi non ci stancheremo mai di raccontare le nostre verità storiche e i risultati sono sempre più positivi…
NESSUNO “INVOCA I BORBONI” MA TUTTI HANNO IL DIRITTO E IL DOVERE DI RACCONTARE LA VERITÀ STORICA SULL’UNIFICAZIONE ITALIANA.
In mancanza di scuse adeguate e riservandoci la possibilità di procedere nei termini legali e di richiedere a nome del movimento neoborbonico risarcimenti per eventuali danni morali e materiali (che assegneremo come borse di studio nelle scuole della periferia napoletana), si richiede al direttore della Gazzetta del Mezzogiorno la pubblicazione di una opportuna replica all’articolo del 4/1/20 firmato da Beniamino A. Piccone secondo il quale “chi invoca i Borboni -il cosiddetto movimento neoborbonico- è un demente”. Non conosciamo Piccone e possiamo solo ipotizzare che si tratti di un intellettuale magari di origini meridionali trasferitosi al Nord: di sicuro sappiamo che utilizza come fonte principale il testo di un autore (E. Felice) per il quale “il Sud è rimasto indietro” per colpa… del Sud. Peccato, però, che lo stesso autore sia stato “sconfessato” da due suoi colleghi accademici (V. Daniele e P. Malanima) che hanno definito il suo libro più adatto “agli scaffali della pubblicistica” che a quelli degli studi economici. Peccato anche che la stessa tesi è la tesi utilizzata da oltre 150 anni dalla storiografia ufficiale e per 150 anni non è riuscita a risolvere le questioni meridionali sconfinando, spesso anche involontariamente, nel razzismo antimeridionale. Peccato anche che qui nessuno (meno che mai il movimento neoborbonico) “invochi i Borboni” (cognome che tra l’altro non andrebbe pluralizzato) ma utilizzi solo ricerche soprattutto archivistiche e anche ricerche recenti di accademici come gli stessi Daniele e Malanima o Tanzi, De Matteo, Fenoaltea, Ciccarelli, Collet o Davis che hanno ormai dimostrato che la questione meridionale nasce dopo dopo l’unificazione italiana e che livelli di redditi, pil, risorse bancarie, demografia e industrializzazione al Sud erano pari o superiori a quelli del resto dell’Italia. Che “le vittime meridionali siano figlie dei Borbone”, poi, è tesi davvero strana se pensiamo alle migliaia di “briganti” uccisi, incarcerati o deportati o se pensiamo ai milioni di meridionali emigrati fino ad oggi e partiti solo dal 1870 (a differenza delle altre regioni italiane dalle quali si emigrava già prima del 1860). Altro che “Borbone che contrastavano chi voleva fare impresa”: fino al 1860 al Sud contavamo oltre un milione e seicentomila operai (quasi il doppio di quelli del Nord) e oltre 6000 fabbriche (dati-Fondo Ministero Agricoltura Industria e Commercio, Archivio di Stato di Napoli). In quanto all’analfabetismo, studi archivistici recenti stanno dimostrando che le famose percentuali del censimento del 1861, con i dati originali perduti per sempre, furono falsati e condizionati politicamente se è vero che nelle Due Sicilie c’erano oltre 7000 scuole elementari (v. i dati del Fondo Ministero Istruzione sempre presso l’Archivio di Stato di Napoli). È vero: “senza classi dirigenti adeguate il Sud non andrà da nessuna parte” ma servono anche classi dirigenti (giornalisti, docenti e opinionisti compresi) consapevoli e fieri della propria storia e magari capaci anche di evitare insulti contro chi non condivide le proprie tesi.
Prof. Gennaro De Crescenzo
Presidente Movimento Neoborbonico

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IL CAMPO DI STERMINIO DI FENESTRELLE

NEGAZIONISMO STORICO 

ANCORA BUGIE IN RAI SU FENESTRELLE

LE DOMANDE A CUI BARBERO&COLLEGHI

NON HANNO MAI RISPOSTO

Fenestrelle da sotto#001

CHIEDIAMO RISPETTO PER LA NOSTRA STORIA! TRASMESSO UN SURREALE DOCUMENTARIO DA RAI UNO (“PAESI CHE VAI” 5/1/20) DEDICATO A FENESTRELLE.

PER L’AUTORE LIVIO LEONARDI I SOLDATI NAPOLETANI PRIGIONIERI FURONO “IN TUTTO UN MIGLIAIO” CIRCA, NE MORIRONO “4 PER CAUSE NATURALI E FURONO ASSISTITI E RIFOCILLATI DAI PIEMONTESI”.

In sintesi Fenestrelle era una sorta di albergo a 5 stelle e le recenti notizie su deportazioni e morti sono solo “false dicerie”. Abbiamo inviato alla redazione le domande che seguono… DA 2190 GIORNI BARBERO E ALTRI ACCADEMICI NON HANNO RISPOSTO A QUESTE DOMANDE ARCHIVISTICHE DEI NEOBORBONICI SU FENESTRELLE.
1) E’ vero che Barbero ha dichiarato chiusa la questione dei soldati delle Due Sicilie consultando solo 65 unità archivistiche delle 2773 presenti sul tema solo all’Archivio di Torino?
2) E’ vero che ha consultato solo i documenti dell’Archivio di Torino e, in tutto, 1 mazzo all’Archivio di Alessandria, una decina a Roma e 1 a Pinerolo?
3) E’ vero che ha consultato i documenti solo tra il 1860 (in parte) e il 1862 (in parte)?
4) E vero che negli archivi anche molto più recenti gran parte dei documenti che si ricercano non si trovano più?
5) E’ vero che a Fenestrelle erano in uso “catene, rasatura, catene da 6 a 18 maglie, bastonature e banchi di rigore”?
6) E’ vero che tra il 1860 e gli anni successivi furono portate a Fenestrelle diverse migliaia di soldati meridionali (“OLTRE 40.000” PER IL MUSEO DEI CARABINIERI DI ROMA)?
7) E’ vero che a Fenestrelle e in altre strutture sabauade del tempo si utilizzava, per i cadaveri, la calce per motivi “igienico-sanitario”?
8) E’ vero che furono deportati al Nord (a Fenestrelle e altrove) non meno di 60.000 soldati meridionali, che nella stragrande maggioranza dei casi non vollero “passare al nemico” e che la percentuale di morti nelle carceri del Piemonte in quegli anni (e in condizioni ordinarie!) era del 20%?
Quando si trattano argomenti così delicati e complessi bisognerebbe essere prudenti e obiettivi.
RISPETTO PER LA NOSTRA MEMORIA STORICA!
Gennaro De Crescenzo

Potete inviare messaggi a https://www.facebook.com/paesichevai/ oppure via mail a paesichevai@rai.it )

Fenestrelle Lager#001

Fenestrelle Lapide foto#001

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