La lingua Napoletana è parlata nel mondo

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Francesco II di Borbone – Causa di beatificazione

 

IL VESCOVO DI NAPOLI, MONS. BATTAGLIA, INVIA IL SUO ASSENSO AL POSTULATORE DELLA CAUSA DI CANONIZZAZIONE DEL “SERVO DI DIO FRANCESCO II DI BORBONE”. L’Arcivescovo di Napoli, Mons. Battaglia, qualche giorno fa ha dato il suo assenso alla nomina del Rev. Sac. Antonio Salvatore Paone a “postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Francesco II di Borbone, Re delle Due Sicilie” (Napoli 26/6/21). Questo il testo della nota ufficiale inviata alla Fondazione Francesco II delle Due Sicilie alla quale va il nostro ringraziamento per il lavoro prezioso, continuo e proficuo che sta portando avanti. Continua così il percorso verso la santità dell’ultimo re della dinastia borbonica e noi tutti, consapevoli di ciò che fece nella sua vita terrena, ricercatori o amanti della verità storica, siamo felici e fieri per questa notizia bella e importante.
MOVIMENTO NEOBORBONICO

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Il Ferro dei Borbone – Conferenza

Sabato 3 luglio 2021 preso l’Istituto Comprensivo Statale di Fabrizia (Vibo Valentia), per iniziativa del Comune, della Delegazione della Calabria del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, dell’Associazione Due Sicilie e della Fondazione Il Giglio, si svolgerà il convegno dal titolo: “Fabrizia e la lavorazione del ferro in età borbonica”.
Il convegno, giunto alla sua quarta edizione e che ha per tema generale “Le miniere, il ferro e l’industria del Sud”, vedrà le relazioni del Prof. Danilo Franco, dell’Associazione Calabrese di Archeologia Industriale, e della Prof.ssa Carmela Maria Spadaro dell’Università Federico II di Napoli.
Saranno presenti stand con i prodotti di imprese associate al Progetto CompraSud e sarà attivo un punto informativo per il pubblico e per le imprese.

 

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Fra’ Diavolo in VideoConferenza

250 ANNI DI FRA DIAVOLO (DIMENTICATO) EROE MERIDIONALE (MENTRE QUALCUNO CELEBRA ANCORA NAPOLEONE). Michele Pezza detto Fra Diavolo nacque ad Itri il 7 aprile 1771 esattamente 250 anni fa.
Domenica 11 aprile, ore 18.30, convegno in ricordo di Fra Diavolo.
Michele Pezza fu un vero eroe ed è stato per troppo tempo dimenticato dalla storiografia ufficiale impegnata, al contrario, nella celebrazione di Napoleone e delle invasioni francesi (oltre 100.000 morti solo nel Regno di Napoli). In Francia e anche in Italia in questi giorni sono numerosi gli eventi per il bicentenario della morte dell’imperatore senza considerare i massacri e i saccheggi realizzati anche e soprattutto nel Sud dell’Italia.
Proprio durante quegli eventi, Michele Pezza, alias Fra Diavolo, si distinse nella difesa del Regno di Napoli sia nel 1799 che nel 1806 e, dopo la nomina a colonnello da parte di Ferdinando IV di Borbone, una volta arrestato preferì la morte al tradimento dei suoi ideali diventando famoso in tutto il mondo grazie ad opere musicali, teatrali e cinematografiche.
Per questi motivi il Movimento Neoborbonico, Terraurunca, Fondazione Il Giglio e Comitati Due Sicilie, hanno organizzato un evento online con Alessandro Romano, Daniele Iadicicco, Fiore Marro, Gennaro De Crescenzo, Carmela Maria Spadaro (Università Federico II) ONLINE sulla pagina FB del Movimento Neoborbonico (condividete la diretta sui vostri profili e gruppi).

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Oggi del 1771 nacque Fra’ Diavolo

 

Oggi sono 250 anni dalla nascita del primo grande guerrigliero dell’era moderna Michele Pezza detto Fra’ Diavolo da Itri. Un personaggio che, nonostante l’avversità ideologica e politica, è sempre emerso con prepotenza dall’oblio, con grande imbarazzo dei cattedratici e dei prezzolati manipolatori della storia, per le sue eccezionali doti di combattente e per l’indiscussa coerenza e fedeltà ai propri ideali. Rifiutò gradi ed onori offertigli dai francesi che aveva combattuto fino alla fine, per non tradire la parola data al suo re, vicenda che lo elevò e tuttora lo esalta in contrapposizione a chi lo verrebbe ridotto alla stregua di un comune bandito.
Un eccezionale brigante, il primo vero brigante della nostra tormentata storia, un combattente per la Patria le cui gesta furono studiate ed imitate da numerosi altri importanti guerriglieri della storia moderna come Che Guevara.

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Buona Pasqua

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Ma quale Unità !

IL 17 MARZO È IL GIORNO CHE SEGNA LA MORTE DEL VERO IDEALE DI UNITÀ NAZIONALE ASSASSINATO DAL SAVOIA SU ORDINE DELL’INGHILTERRA

QUESTA È L’ITALIA FRUTTO DI ANNESSIONI MANU MILITARI ALLA DATA DEL 17 MARZO DEL 1861.

DI CHE FESTA DELL’UNITÀ PARLANO se mancano ancora grosse fette di territorio da conquistate, annettere e sottomettere al piccolo Piemonte?
Il nostro pensiero sull’intera vicenda risorgimentale è quello di Vincenzo Gioberti:
“ Supporre che l’Italia, divisa com’è da secoli, possa pacificamente ridursi sotto il potere di uno solo, è demenza; il desiderare che ciò si faccia per vie violente, è delitto, e non può non nascere se non nell’animo di coloro, che guastano la politica, anteponendola alla morale, e disonorano la Patria, separandone gli interessi e i diritti dalla mansuetudine e dalla giustizia”.

A SCUOLA NON CI HANNO MAI RACCONTATO che il vero progetto per l’unificazione era ben diverso, soprattutto che era fondato sul rispetto delle autonomie, delle lingue e della cultura. Non vi era traccia di prevaricazioni né di sopraffazioni politiche o economiche: ogni Stato italico avrebbe portato il suo contributo in cultura ed economia.
Ma per l’Inghilterra la nascita di una vera Nazione Italiana, da lei svincolata, nel cuore del “suo” Mediterraneo era una grande minaccia per i suoi diffusi e radicati interessi economici.
E così che il piccolo Piemonte fu incaricato dalla massoneria inglese di impedire il progetto italico di vera unità nella pace e nella concordia e di conquistare con la forza delle armi gli stati italici, imponendo loro un Governo conforme alle strategie inglesi. Fu una “malaunità” di cui oggi ne raccogliamo i peggiori frutti.

Affermò Fëdor Michailovic Dostoevski:
“ È sorto un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, cedendola al più logoro principio borghese, un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour! “.

Chi crede nella verità, nella giustizia e nella concordia il 17 marzo non ha proprio niente da festeggiare, perché è una data che rappresenta la morte di un Ideale, la morte di una nazione uccisa ancor prima di nascere.

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Rappresaglia Italiana

Dopo 23 anni, in occasione dell’anniversario dei 160 anni dall’eccidio, esce in una nuova edizione rivisitata, con l’editore Marotta&Cafiero e nella collana ‘O Pappice diretta da Pino Aprile, il libro che tra i primi raccontò quanto accadde a Pontelandolfo e Casalduni il 14 agosto 1861.
Il testo è stato rivisto, l’introduzione è completamente nuova e fa il punto su negazionismi e studi che, dall’uscita della prima edizione 23 anni fa, si sono succeduti.

14 agosto 1861. Una banda di briganti uccide 41 soldati del neonato esercito italiano. 400 bersaglieri vengono inviati a Pontelandolfo e Casalduni dagli alti comandi. È una strage, una rappresaglia italiana. Un eccidio dell’Italia post-unitaria.
Gigi Di Fiore, attraverso la storia di due giovani, ricostruisce la violenza sul paese e sui suoi abitanti. Un libro a cavallo fra il romanzo e la ricostruzione storica, che racconta una delle pagine più sanguinose del Risorgimento. Un volume necessario che solo il talento narrativo di Gigi Di Fiore poteva regalarci.
Gigi Di Fiore è una delle firme più autorevoli de Il Mattino, ha pubblicato oltre 20 libri. Esperto di camorra, di storia del Mezzogiorno e revisionismo del Risorgimento. Vincitore del Premio Saint Vincent per il giornalismo e del Premio Dorso per il Mezzogiorno. È cittadino onorario di Pontelandolfo.

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Gaeta resiste ancora

13 FEBBRAIO 1861
13 FEBBRAIO 2021
OGGI SONO 160 ANNI
E GAETA RESISTE ANCORA

Massacrati, deportati come soldati e come civili, arrestati, licenziati e poi emigranti… Si tratta di centinaia di migliaia di persone (e poi milioni quando diventiamo emigranti) in gran parte giovani e in meno di dieci anni. Che cosa resta? Resta un popolo dimezzato nelle cifre e nelle aspirazioni, nei progetti e nelle speranze. Conoscete un altro popolo nel mondo che per tanto tempo e per tante persone abbia subito un trattamento simile? Questo ci spiega perché è così complicato ritrovare la strada di un riscatto. Questo ci spiega perché è così necessario continuare il nostro lavoro di ricostruzione di verità storica, identità e orgoglio. Questo ci spiega perché i risultati finora raggiunti in questo lavoro e i segnali di vita, di rabbia e di speranza che i popoli dell’ex Regno delle Due Sicilie continuano a dare sono quasi miracolosi, piaccia o no a qualcuno. Ed è quasi un miracolo che ancora esista questo Popolo e che magari, a poco a poco, stia riacquistando la sua memoria e anche le sue aspirazioni e le sue speranze”.
(Gennaro De Crescenzo, “Noi, i neoborbonici”, 2016).

Il 13 febbraio a Gaeta fu spezzata la storia

del Regno delle Due Sicilie

Abbiamo ricominciato proprio da Gaeta a scrivere una nuova storia
per riannodare il filo della nostra Storia
Il 13 febbraio si espone
la Bandiera del Regno Delle Due Sicilie

IL NOSTRO GIORNO DELLA MEMORIA

Fa male ricordare. Ma è necessario. E’ necessario perché “l’ingiustizia e i crimini contro l’umanità, perché non si ripetano, si combattono con la forza della memoria e non con il velo dell’oblio” come si affermava nel Bollettino della Rete Due Sicilie il 14 agosto del 2003.
Per crimini contro l’umanità s’intendono “azioni criminali ovvero violenze e abusi contro popoli o parte di popoli o che, comunque, siano percepite, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetuate a danno dell’intera umanità.”
Ciò che accadde a Pontelandolfo, Casalduni, Campolattaro, ma anche in Sicilia, in Calabria, in Lucania, in Abruzzo, nel resto della Campania e del Sannio, deve al più presto divenire oggetto di una seria indagine storica finalizzata al riconoscimento di quelli che, sicuramente, furono crimini di guerra perpetrati dalle truppe piemontesi ai danni dei soldati e delle popolazioni civili meridionali, che reagivano all’illegittima invasione e che, sicuramente, sono da considerarsi, per la loro efferatezza e crudeltà, crimini contro l’intera umanità.
Da Bronte in Sicilia fino a Fenestrelle, il tremendo lager Savoia ai piedi delle Alpi piemontesi, dove furono deportati i soldati fedeli al sovrano Borbone, ci sono i segni tragici di una storia che non si pacificherà finché non verrà accuratamente indagata e svelata. Possiamo in questa sede solo ricordare alcune atrocità che ci tramandano fonti borboniche e fonti piemontesi, proprio per non dimenticare. Possiamo ricordare i bersaglieri che nel paese di Pontelandolfo, per ordine del Negri, lo stesso Negri al quale fu dedicata una lapide commemorativa, fucilarono quanti capitavano a tiro: preti, uomini, donne, bambini e che saccheggiarono le case, violentarono le donne, diedero alle fiamme e rasero al suolo il paese di 4500 abitanti. Morire subito fucilati o arsi vivi era da considerarsi una fortuna nel paese, perché morire subito e ingiustamente avrebbe evitato altre violenze contro il genere umano. Ricordiamo tristemente Nicola Biondi, un contadino sessantenne legato a un palo della stalla da una decina di bersaglieri che denudarono di fronte a lui la figlia sedicenne e la violentarono a turno per poi lasciarla a terra sanguinante per la vergogna e il dolore, mettendo infine termine alle sofferenze di entrambi fucilandoli. Ricordiamo Santopietro che, con il figlio in braccio, cercando di fuggire, fu bloccato dai militari che gli strappano il bambino dalle braccia e lo uccisero. Nemmeno le donne che si erano rifugiate nelle chiese furono risparmiate, alcune vennero denudate e violentate davanti all’altare, poi uccise. Una, per aver opposto resistenza graffiando l’aggressore, venne mutilata delle mani e poi ammazzata. Tutte le chiese furono oltraggiate, le ostie sante gettate, i calici, i quadri, e tutti gli oggetti sacri, se preziosi, rubati. Alla fine i ligi bersaglieri piemontesi riuscirono ad accontentare il Cialdini che aveva ordinato che non restasse di quel paese pietra su pietra. Poche ore dopo l’accaduto, il Negri telegrafò infatti a Napoli: “Giustizia è fatta”.
Prima di iniziare ricerche più approfondite, prima di adoperarsi per un’azione più energica volta al riconoscimento di queste stragi, in attesa di un’ammissione di colpe e di una sorta di giustizia, ogni essere umano che viene a conoscenza di questi eventi disumani e in particolare ogni meridionale, in questa nostra giornata della memoria non può far altro che ritagliarsi almeno un minuto di silenzio.

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A Gaeta

NEL RICORDO DELLA NOSTRA

ANTICA PATRIA E DEI CADUTI NELLA SUA DIFESA

Quest’anno, purtroppo, non sarà possibile raggiungere “le sacre torri di Gaeta” per ricordare l’estrema difesa di una Patria Antica ed autenticamente nostra, ma la grande Bandiera sarà comunque issata sui pennoni di Gaeta nel pomeriggio del prossimo 13 febbraio. Come oramai è tradizione, la Bandiera che sventolerà sulla gloriosa Batteria è stata donata dalla Fondazione Francesco II e benedetta nel corso della celebrazione Eucaristica officiata da Don Luciano Rotolo a Conversano lo scorso 8 dicembre.

La cerimonia del Vessillo issato sul pennone della Batteria Carlo V sarà trasmessa in diretta e sarà curata solo dalla piccola delegazione ammessa in quei luoghi. Per accedere alla pagina Facebook del Movimento dove seguire la cerimonia in diretta, nonché gli interventi dei rappresentanti dei movimenti, associazioni ed enti che ogni anno partecipano al raduno di Gaeta, cliccare su

https://m.facebook.com/Movimento-Neoborbonico-518915204798916

Il 13 febbraio saremo tutti con la mente e con il cuore su quegli spalti dove i nostri Eroi difesero fino all’ultimo anelito di vita la nostra dignità e la nostra identità di Popolo e di Nazione.

A Gaeta!

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